Manganelli e il suo "daimon" - A writer and his ghost

(English version)

Una delle peculiarità di Giorgio Manganelli autore (ché solo quello ho conosciuto) è di aver scritto libri che - forse  - parlano sempre di lui stesso. Dico "forse" perché trattasi di congettura. In effetti solo qualche reportage e rari elzeviri, nell'opera di Manganelli, sono racconti in prima persona. Ma egli è una voce presente anche quando il personaggio pare tutt'altro.

 Certo, lo si può dire di parecchi altri scrittori; ma il Manga fa ciò in modo diverso: lo fa diventando, appunto, personaggio letterario. In pratica, i libri di Manganelli - nella mia impressione personale di semplice lettore, s'intende - sono tasselli della definizione di un personaggio e delle sue vicende, e quel personaggio è lui stesso. 

Ma non è tutto (ché fin qui saremmo ancora in una categoria affollata). Giorgio Manganelli è personaggio letterario di narrazioni nelle quali non è il protagonista, la voce fuori campo o distaccato relatore, bensì l'autore.

È come se Oblomov, Wakefield o Long John Silver (esempi a caso, s'intende) avessero avuto una produzione letteraria - e non autobiografica! - nella quale la loro voce di personaggi è riconoscibile e peculiare.

Si dovrebbe dedurre da ciò che Giorgio Manganelli non sia mai esistito, e che quindi i suoi libri siano apocrifi costruiti ad arte. Ma se Manganelli è un personaggio letterario, o un prestanome, chi è l'autore che lo ha creato? Forse gli esseri (anonimi, in genere) che vivono nei suoi testi hanno voluto, uniti in congrega, raccontare le proprie gesta inventandosi un biografo per questioni, appunto, di anonimato? 

Ma i libri a firma Manganelli sono testi che, volontariamente o meno, raccontano e definiscono un'unica identità: questa è l'ipotesi da cui parto. Per cui non di una congrega si tratta ma di un solo carattere che si nasconde due volte: la prima, nell'immaginario autore; la seconda, nella moltitudine dei personaggi. 

Giorgio Manganelli, in sintesi, ha scritto libri il cui protagonista, sempre assente, è lui stesso visto in uno specchio.

La ricchezza delle ossessioni di quel solo personaggio, assente, è purtuttavia così grande che l'opera di Manganelli continua, a 27 anni dalla sua morte,  ad essere oggetto di letture, studi, analisi, deliri. Gli epigoni di tanta Tebe si affacciano timidi, a cadenza regolare, nelle Lettere, per scomparire poi quasi subito, come teste nelle trincee.

Sono le immagini, ne sono convinto, ad avere qualche chance di successo nell'indagine e nell'aspirazione alla discendenza di questo autore. Ma probabilmente lo penso perché mi occupo di immagini, prima che di parole.

Il rapporto tra Manganelli e le arti visive è stato recentemente oggetto di una bella mostra organizzata ad Urbino dalla figlia e curatrice, Lietta Manganelli, per volontà di Vittorio Sgarbi. La mostra si è conclusa a fine giugno, ma si spera che verrà riproposta in altra sede. Le opere presentate erano tutte ispirate ai libri di Giorgio Manganelli. Gli autori: Nanni Balestrini, Paolo Beneforti, Paolo Della Bella, Giuliano Grittini, Giuliana Maldini, Franco Nonnis, Gastone Novelli, Giovanna Sandri, Marisa Bello e Giuliano Spagnul.

Come si vede, decimo tra cotanto senno, anche il sottoscritto ha avuto l'onore di esporre alcuni dipinti. Sono i quadri da me realizzati nel 1998 e ispirati a "La palude definitiva". Poter esporre i miei lavori accanto a quelli di Gastone Novelli e Nanni Balestrini - tra gli altri - è stata una grande emozione. 


Spero di fare altre opere tratte dai libri di Manganelli: questa mostra me ne ha ravvivato il desiderio. Nella vasta bibliografia manganelliana la scelta sarà ampia. 

Vorrei che Manganelli  avesse scritto un libro su un abisso marino. 

1./ (Segue.)

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