E pure l'Europa di riserva, nonostante i mille assurdi proclami della vigilia, è andata. E non in finale, da sempre punto debole dei bianconeri, né nell'atto precedente, in cui si era fermata la squadra schiacciasassi di Antonio Conte o ai quarti, obiettivo minimo dichiarato dalla società, ma al play-off, ovvero un paio di ere geologiche prima.

Perché io, che questa banda di mammolette senza attributi, guidata per lo più dal peggior tecnico della ultracentenaria storia della Juventus, possa tra una settimana andare a vincere in Francia e qualificarsi agli ottavi di finale di Europa League, non ci credo nemmeno se lo vedo. Anzi, se volete risparmiarvi due ore di tempo, vi dico già come andrà a finire, nella migliore delle ipotesi: pareggio nei novanta minuti, ed eliminazione ai supplementari o ai rigori.

Eh, si dirà, ma il VAR non ha concesso un rigore sacrosanto. Eh, ma il Nantes ha pareggiato in contropiede solo grazie ad un paio di errori e ad uno scivolone di Bremer. Eh, ma le due traverse di Chiesa e Di Maria. Tutte scuse, alibi da perdenti, che per quanto nascondano al loro interno un fondo di verità, lascio molto volentieri a chi da anni è abituato a camparci per mascherare i propri fallimenti.

_{Il presidente dell'UEFA, Alexander Ceferin. Foto da Кирилл Венедиктов, CC BY-SA 3.0 GFDL, attraverso Wikimedia Commons}

La realtà va guardata in faccia, sempre e comunque, bella o brutta che sia, e se nello sport vali meno del tuo avversario (o quanto meno questo è quello che hai dimostrato sul campo), aggrapparsi alle ritorsioni di Ceferin per mezzo delle giacchette nere o alla sfiga, che al contrario di altre realtà italiane da quasi tre decenni bersaglia la Juve in Europa, rischia di far sfuggire di mano il vero nocciolo della questione: questa squadra fa pena.

Già, perché tutti gasati per un nuovo appuntamento europeo, che ci distraesse dalle disavventure nostrane di un campionato (per ora) da metà classifica, ci eravamo quasi dimenticati che l'Europa League, acciuffata per i capelli soltanto per la miglior differenza reti nel girone di Champions League nei confronti del Maccabi Haifa (!), rappresenta già di per sé il simbolo di una stagione fallimentare.

Forse vincerla e aggiungere un trofeo europeo in bacheca dopo quasi trent'anni avrebbe permesso di rendere di nuovo dolciastra una bocca amara come il fiele, ma dopo l'ennesima riprova ottenuta ieri sera, si può star tranquilli sul fatto che questo rischio non esista. I giocatori in campo sono molli, confusi, spesso fuori posizione (Di Maria ad esempio, gioca da attaccante esterno o da mediano?) e dalla voglia di lottare pari a quella che avrei io di andare a passare il week-end nel deserto del Sahara.

Al comando di questa barca alla deriva si trova un allenatore senza idee, presuntuoso e allergico alle critiche, incapace nonostante i suoi sette milioni di stipendio all'anno di capirci qualcosa e di assegnare una qualsiasi forma riconoscibile alla propria creatura in questi due anni. Tra le sue mani, i giocatori della rosa vengono continuamente sviliti e si deprezzano alla velocità della luce, il suo staff continua a battere il record mondiale di infortuni muscolari ad ogni stagione e per di più la squadra finisce praticamente tutte le partite con la lingua di fuori, sovrastata fisicamente.

_{L'allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri, foto da All-Pro Reels from District of Columbia, USA, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons}

Mi aspetto vivamente di non vederlo più sulla panchina più prestigiosa d'Italia già a partire da giugno, altrimenti che la proprietà sia composta da un gruppo di masochisti diventerebbe una certezza. Il pareggio interno col Nantes, squadra tredicesima in Ligue 1, ma che per lunghi tratti della gara è sembrato il Barcellona di Guardiola, rappresenta a mio avviso il punto più basso in stagione, ancor più della doppia sconfitta col Monza o della disfatta di Haifa.

Segnare una rete nei primi minuti, e poi rilassarsi per vivacchiare del vantaggio ottenuto, affidando il tutto ad improbabili contropiedi di un neo campione del mondo con trentacinque primavere alle spalle o di un centravanti dai grandi mezzi atletici, ma incapace di compiere uno stop come si deve, significa non aver capito nulla del calcio europeo, nonostante le batoste ricevute in queste due stagioni.

Significa essere incapaci di dare un'anima alla squadra, di prepararla correttamente alle varie fasi della partita, rendendola inoffensiva quando c'è da attaccate e tremebonda quando si è costretti a difendere. Molti giocano con la testa da un'altra parte, e questa è sicuramente in parte anche colpa dei singoli, ma un Conte o un Lippi qualunque, specialmente in una situazione da accerchiamento come quella attuale, avrebbero caricato la squadra a pallettoni e i calciatori sarebbero scesi in campo mangiando l'erba.

Occorre davvero ripartire da zero, con una squadra impostata sui giovani e su chi a questa maglia tiene davvero, anche in decima posizione o in un play-off di Europa League. Siamo disposti, e penso di parlare a nome di tutti, persino a mettere in conto altre stagioni senza nemmeno avere la possibilità di avvicinarsi ad una vittoria, purché si mettano le basi per ricostruire una squadra vera, affidata ad un allenatore vero.

_{Photo by John Hain, free to use (Pixabay)}

• Szczesny 5,5 - Nessuna grande parata e un goal subito nell'unica azione pericolosa degli avversari. Insomma, la specialità della casa.
• Danilo 6 - Meriterebbe otto per l'impegno, ma contro avversari tecnici e rapidi va spesso in difficoltà ed è costretto a ricorrere al fallo.
• Bremer 4 - Responsabile principale di un'ulteriore disfatta. Scivola come un principiante nell'occasione del goal, spalancando la porta all'avversario. Poi si deprime, come a Napoli, e rischia di combinarla grossa in un altro paio di circostanze. Non oso immaginare le risate di Cairo.
• Alex Sandro 6,5 - In crescita di condizione, si mostra sicuro nella difesa a tre e sempre più spesso anche in appoggio in avanti.
• De Sciglio 6 - Un paio di spunti niente male sulla fascia, lo si fischia spesso in maniera ingenerosa quando a finire nel mirino dovrebbero essere altri.
• Fagioli 5 - Macchia la sua prova con l'errore che da il via al contropiede avversario in occasione del goal. Peccato, perché fino a quel momento la sua prova era stata discreta.
• Paredes 5 - Parte benino, poi si spegne, uscendo dalla partita soprattutto mentalmente. Gioca praticamente da ex, e con le limitate risorse a centrocampo è un bel problema.
• Rabiot 6 - Se vuole, ha la possibilità di dominare l'intero reparto praticamente da solo. A volte tuttavia si estranea per lunghi tratti dalla partita, adagiandosi sul ritmo molle dei compagni.
• Chiesa 6,5 - Ottimo l'assist per il goal di Vlahovic, gli manca un po' di gamba e soprattutto il goal, che probabilmente lo libererebbe da una dose eccessiva di egoismo in molte situazioni.
• Di Maria 6,5 - Con la palla tra i piedi combina sempre qualcosa di positivo, peccato che ne abbia per sessanta-settanta minuti al massimo.
• Vlahovic 6 - Segna, ma sbaglia una quantità infinita di palloni facili, tra stop e passaggi. Un bel ripasso alla scuola calcio, per affinare i fondamentali, non gli farebbe male

Locatelli 5 - Sembra giochi con un peso di venti chili attaccato alle caviglie. Elefantiaco ed impreciso, sbaglia quasi tutto.
Cuadrado 6 - Fa partire qualche cross interessante, ma per risolvere situazioni simili ci vorrebbe il Cuadrado visto un paio di stagioni fa.
Kostic 6,5 - E' il più in forma, l'unico, con Di Maria, in grado di saltare l'uomo e di pensare in maniera offensiva. E naturalmente acciughina lo fa partire dalla panchina, in una gara in cui sarebbe stato fondamentale vincere.
Soulé 6 - Migliorato molto fisicamente, ci mette l'impegno giusto, anche se è ancora molto acerbo per grandi palcoscenici.
Kean 4 - Tornato di nuovo ad essere l'ameba di inizio stagione. A questo punto il periodo in cui sembrava essersi ripreso era probabilmente solo frutto del caso.