Lo hanno detto davvero - They really said it

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Immagine di drobotdean su Freepik

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PERSA OGNI CREDIBILITA'

La pagliacciata del caso Acerbi-Juan Jesus, nella quale al giocatore dell'Inter non è stata comminata alcuna squalifica, nonostante tutto lasciasse pensare che le accuse di razzismo a lui rivolte dal collega brasiliano fossero quanto mai fondate, ha fatto in breve il giro del mondo, facendo perdere una volta in più la faccia al mondo del calcio italiano.

Nessuna certezza che le frasi razziste siano state realmente pronunciate, questo il verdetto del giudice sportivo Gerardo Mastrandrea, nonostante ogni partita venga ripresa da decine di telecamere e alla fine della gara tra Inter e Napoli lo stesso Acerbi si sia prodigato a scusarsi con l'altro, pronunciando una frase piuttosto eloquente: "Scusa, non sono razzista".

Ma la giustizia sportiva, si sa, ci ha abituati ad interpretazioni cangianti come il vento di primavera, a seconda dei protagonisti delle varie vicende. Se ad esempio per Antonio Conte, coinvolto di striscio nel caso calcioscommesse del Siena, valeva la regola del "non poteva non sapere", per il difensore nerazzurro ha prevalso il criterio della mancanza di prove certe.

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Antonio Conte, Clément Bucco-Lechat, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons

Un vero "capolavoro" di doppiopesismo, che a questo punto potrebbe servire da spunto per riaprire decine di processi sportivi passati in giudicato, con in testa quello di calciopoli, nel quale dal tribunale di Napoli emerse la mancanza di prove dell'alterazione dei risultati del campo. Se per condannare a livello sportivo, fortunatamente, adesso sono diventate necessarie le prove, si potrebbe procedere col restituire gli scudetti del 2005 e del 2006 al legittimo proprietario.

Si tratterebbe di un gesto carino, che ovviamente non avverrà mai. E così, per tornare al presente, forse alla FIGC qualcuno si sta rendendo conto della pessima pubblicità portata a tutto il movimento del calcio italiano dal caso Acerbi, rafforzato dalle clamorose parole del presidente federale Gravina: "Crediamo ad Acerbi, è un bravo ragazzo e quando lo incontrerò lo vorrò abbracciare".

In un comunicato ripreso dall'Ansa, la FIGC ha pensato bene di metterci una pezza e rifarsi una verginità, annunciando rafforzamenti dei controlli anti-razzismo, tramite l'invio di più ispettori ad assistere alle partite. Una toppa, come spesso accade al "Circo Gravina", peggiore del buco, dato che non si comprende come qualche orecchio umano in più possa svolgere il lavoro meglio di decine di telecamere.

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Una vista interna dello stadio Giuseppe Meazza di Milano. POAN68, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons

Che la FIGC abbia davvero voglia di combattere la battaglia contro un problema serio come il razzismo, e non utilizzare l'argomento alla bisogna, per colpire questo o quel soggetto (ma mantenerne al riparo altri), ormai sembra una favoletta a cui più nessuno è disposto a credere.

Si potranno intensificare le manifestazioni pubbliche (alle quali il Napoli, in seguito al caso Acerbi ha giustamente deciso di non aderire più, per non partecipare a questo clima di ipocrisia regnante), ma il tutto assomiglierà sempre più una gigantesca pantomima.

Un'ulteriore prova di tutto ciò sembra provenire da Torino, dove martedì sera si è giocata la semifinale d'andata, tra Juventus e Lazio. Al momento della sostituzione, il centrocampista della Signora, Weston McKennie, è stato bersagliato da ululati razzisti da parte dei sostenitori della Lazio, chiaramente udibili anche in televisione e prontamente denunciati anche dalla società bianconera, attraverso un comunicato ufficiale.

Fino ad oggi la procura della FIGC, solerte giustamente l'anno scorso quando ad essere preso di mira toccò all'allora interista Romelu Lukaku, non ha ancora mosso nemmeno un passo oltre alla promessa vaga di acquisizione dei filmati. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che su questa storia e sul destino del povero calcio italiano, sembra più giusto piangere.

Statemi bene, alla prossima!

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