Il bello e il brutto... Pensieri

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Ciao a tutti! Oggi vorrei provare a buttare giù un pensiero, un ragionamento, che tutt'ora mentre scrivo è in continua evoluzione ed espansione.
Mi è improvvisamente presa quella che chiamo "l'urgenza di scrivere". È una sensazione che mi è familiare, anche se erano anni che non tornava a farmi visita. A volte la testa sente la necessità di dover mettere per iscritto i propri pensieri, forse per dargli forma, forse per renderli definitivi, chiari, meno nebulosi.
E così mi ritrovo a scrivere, di getto, nel mio smartphone, affacciata al balcone di casa mia mentre fumo una sigaretta, mentre alle mie spalle arriva il suono della TV accesa, mentre l'albero di Natale lampeggia il suo ritmo di luci, mentre mia madre, annoiata dal programma televisivo, scorre sul proprio smartphone alla ricerca di chissà che cosa, mentre mio padre è seduto nella poltrona.
Ma veniamo al dunque. Ieri ho chiesto ad un mio amico cosa pensasse della mostra di Marina Abramovic e la sua risposta è stata questa: <<é esaltazione dell'orrore>>. Subito dopo mi ha mandato un link in cui un tale Maurizio Blondet tratta di come EDUCARE alla BELLEZZA (e alla Forza) contro la BRUTTEZZA del MALE.
Mi ha confusa. Lui non ha nemmeno visto la mostra. Ho accettato la sua risposta, che voleva essere un giudizio negativo, ma mi ha costretta ad interrogarmi su cosa in realtà sia arte (per me, ovviamente) e perché alcune cose vengono definite belle ed altre brutte.
La bellezza e la bruttezza sono concetti troppo soggettivi per essere valutate in maniera oggettiva. Posso parlare dei miei gusti artistici ma non imporli agli altri. Come ho già detto, non mi è mai piaciuta l'arte contemporanea. Mi scuso in anticipo con chi invece ne è appassionato.
I tagli su tela non mi trasmettono nulla. Gli scarabocchi di Mirò mi infastidiscono, non li comprendo. Gli schizzi di colore su tela li trovo banali. La massa materica di colore rappreso per me è uno schiaffo a Caravaggio. Eppure questi sono i miei gusti. E, nonostante tutto, continuo e continuerò ad andare a vedere mostre di arte contemporanea. Potrei limitarmi alle sole mostre di artisti che reputo belli (Caravaggio, Dalì, gli impressionisti, i macchiaioli, Modigliani, etc...) eppure, come ho scritto, si tratterebbe di una limitazione. Invece mi impongo di "provare a conoscere" quanto più possibile, cercando ogni volta di poter comprendere le nuove forme di arte, come appunto quella dell'Abramovic.
Lunedì è accaduto. All'ingresso della mostra, sono passata in mezzo a due corpi nudi femminili che si fronteggiavano e ho provato una forte emozione. Si guardavano incessantemente, perse nello sguardo l'una dell'altra (e che sguardi fieri che avevano). Avevano creato un proprio spazio, una propria intimità, un equilibrio. La nudità più esposta non era quella del corpo ma quella della loro relazione, della loro fiducia. Ho provato forte il desiderio di farne parte, di essere fiera come loro, di provocare il pubblico nella stessa maniera in cui lo stavano facendo loro. Le ho attraversate, attenta a non calpestare i loro piedi nudi. L'apertura tra l'una e l'altra era stretta e il pubblico che avesse deciso di passare tra loro avrebbe quasi sfiorato entrambe. Sono passata senza disagio, cercando lo sguardo di una di loro (sguardo che non è stato ricambiato in quanto perso negli occhi dell'altra).
Ci sono state altre performance piuttosto provocatorie ma mi fermo qui. Non volevo parlare della mostra.
Quello di cui invece vorrei ragionare è quanto l'arte sia in continua evoluzione. Ciò che ho descritto sarebbe stato impensabile ai tempi dei nostri nonni e anche oggi suscita scalpore. Non siamo abituati alla nudità. Essa continua a rimanere un forte tabù nonostante la società stessa, che è il pubblico, sia in continuo mutamento. Ma la società sta avanzando? Credo che la società stia mutando. Le generazioni si "arricchiscono" di bisogni non reali imposti dal consumismo e, saturi di tutte queste distrazioni, alleggeriscono il proprio bagaglio sbarazzandosi di valori (visti come residui obsoleti, vecchi, pesanti, lenti di altre generazioni).
Molti artisti (parlo anche di cantanti e musicisti) si adeguano alle aspettative del proprio pubblico vendendosi al "re denaro". Ma ciò è arte o ruffianeria? Quindi, la perdita di valori del pubblico influenzano irreversibilmente questi ruffiani votati al commerciale (scusate la durezza). Loro per me non sono artisti. Non sono teste pensanti votate all'arte.
E chi invece non si adegua?
Credo che i migliori artisti siano quelli che anticipano le società o comunque seminano originalità (tagli su tela compresi, anche se non mi piacciono). É sempre capitato e continuerà a capitare che vi siano pittori, scultori, musicisti che producono opere troppo inadeguate per la propria società, rivalutati solo molto tempo dopo. Credo che l'Avramovic tutt'oggi continui a stupire e a provocare con le proprie performance (anche se non è più lei ad eseguirle ma dei performer istruiti).
In sostanza, credo fermamente che nessuno possa imporci di vedere bello il bello e brutto il brutto. L'arte deve trasmettere, nel bene e nel male. Ciò che non trasmette a me, può trasmettere ad altri e viceversa. Arte è ciò che è originale, non commerciale.
Arte è ciò che suscita emozione. Anche l'orrore è arte se riesce a riscuotere il pubblico dal piattume del pacchetto commerciale preconfezionato. Poi, che l'orrore non piaccia è un altro discorso.

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