giugno 1986
La piccola Antonella era già a nove anni un vero topo di biblioteca. Leggeva moltissimo, tutto ciò che capitava : giornalini, riviste, libri e perfino quotidiani.
Un pomeriggio di giugno, poco dopo la chiusura delle scuole, era rimasta senza nulla di nuovo da leggere.
Sua madre stava facendo un riposino. Così lei, sola nel grande salotto, cominciò a guardare con curiosità la libreria che conteneva enciclopedie e vecchi libri, oltre a vocabolari di inglese e francese.
Lei già conosceva un po' l'inglese. Sua madre le aveva dato i primi rudimenti e poi era andata a lezione una volta alla settimana al British.
Per quanto riguardava il francese, Adalgisa, sua nonna materna, le aveva comperato un delizioso libretto e talvolta ne leggevano qualche pagina.
Era una bambina fortunata, pensava. Una casa piena di libri, una nonna laureata in francese e una mamma a cui piaceva tanto leggere e che insegnava lettere.
Certo, lei era cresciuta in un mondo reale che aveva anche una parte di virtuale. Persone reali e personaggi delle fiabe e dei romanzi popolavano le sue giornate.
Prese in mano il vocabolario di francese e cominciò a sfogliarlo. Fu sorpresa nel vedere tra le sue pagine diverse stelle alpine. Sembravano vecchie, ma conservavano un grande fascino.
Solo che era strano. Loro vivevano a Grosseto e le Alpi erano decisamente lontane. Nessuno dei suoi familiari, poi, aveva mai detto di esserci stato in passato.
Così, quando la mamma si svegliò, andò subito a chiederle di chi fossero quei fiori secchi così suggestivi.
Lei sorrise e cominciò a raccontare.
"Cinquant'anni fa, nel 1936, tua nonna aveva ventidue anni e frequentava l'università a Roma. Purtroppo, all'improvviso, morì suo padre, il tuo bisnonno Piero, e lei fu costretta a tornare a casa ed andare al lavoro. Fortunatamente aveva il diploma magistrale, così le toccò una supplenza annuale in un piccolo paese sulle colline, talmente fuori mano che non vi arrivava nessun servizio pubblico..."
All'Elmo si arrivava solo a piedi o a dorso di mulo. La corriera giungeva a Sorano, poi niente.
Così Adalgisa, detta Gisa, maestrina alle prime armi, si trovò costretta a prendere una camera e a rimanere lì, in quel paesino esageratamente tranquillo.
La famiglia da cui stava a pensione era onorata di ospitare la maestra, la coccolavano ed erano pieni di affetto e deferenza. Ma a lei mancava la mamma e poi, francamente, le mancava anche l'università. Aver dovuto lasciare quando mancavano solo due esami e la tesi era davvero un cruccio per lei. Ma, d'altronde, aveva un fratello di sedici anni e una sorellina di dieci. Sua madre non poteva permettersi di mantenerla fuori casa.
I bambini si erano affezionati subito a quella ragazza gentile, dai lineamenti delicati e dal fisico minuto e anche lei li adorava per la loro semplicità e per il loro essere rispettosi e buoni.
Subito dopo le feste di Natale, quando Gisa tornò dalle vacanze trascorse in famiglia, giunse all'elmo un altro "forestiero".
Era un giovane geometra siciliano, dipendente del catasto, dal biblico nome di Noè.
Non troppo alto (ma sempre più di Gisa che era proporzionata, ma mignon), aveva però bei lineamenti, folti capelli neri e baffi curati.
Era l'unico ad essere andato a scuola, praticamente, oltre al prete.
Così, i due presero a frequentarsi. Lui era dolce e gentile, ordinava per posta piccoli regali per la maestrina, le portava fiori e recitava poesie.
Lei era un po' perplessa, non aveva messo in conto di fidanzarsi. Pensava di tornare all'università e di laurearsi e forse, se avesse messo su famiglia, non sarebbe stato possibile.
Però, Noè le piaceva. Era riuscito a farla sorridere dopo il periodo triste seguito alla morte del padre.
Insomma, a marzo erano fidanzati e a giugno Noè andò a conoscere la famiglia della ragazza.
Tutto sembrava andare per il meglio, Noè già parlava di matrimonio e la mamma di Gisa ne era felice.
Lei aveva fatto nuovamente domanda per insegnare, ma, inaspettatamente, anzichè il paese sperduto, ebbe un incarico in una piccola scuola di campagna a pochi chilometri da Grosseto, dove poteva andare in bicicletta.
Anche il fidanzato era stato trasferito a Grosseto. Praticamente era fatta. Ora dovevano solo stabilire la data del matrimonio.
Noè parlava di giugno, il mese delle spose, diceva, sacro a Giunone. Appena finita la scuola, si sarebbero sposati.
Gisa sorrideva, ma dentro di lei qualcosa non era d'accordo.
Quel ragazzo, serissimo e possessivo, le era molto piaciuto lassù tra le colline, dove erano soli.
Ma adesso ... aveva ancora voglia di uscire con le amiche, andare al cinema con loro, riprendere gli studi.
E lui non intendeva. Pensava solo che avrebbero avuto una famiglia, dei figli e chissà, forse lei non avrebbe dovuto lavorare.
Eh, certo - ragionava Gisa tra sè - tutto quello studio, i sacrifici e poi trovarsi a fare la casalinga ...
Ne parlò con la madre. Pensava che si sarebbe arrabbiata.
Invece la donna, la dolcissima Rita, le sorrise e l'abbracciò. "Fai come vuoi, tesoro. Il matrimonio è una cosa seria, è per sempre. Bisogna essere convinti. Quindi, se non lo sei, decidi pure serenamente".
Così Gisa lasciò Noè che, distrutto dal dolore, scambiò il posto con un geometra grossetano che lavorava in Trentino e si trasferì.
Alla ragazza dispiaceva di averlo reso così triste, ma, d'altra parte, non poteva scegliere una strada che non era la sua.
Così riprese la sua vita e, anche grazie al sostegno dei nonni, riuscì a terminare l'università e prese ad insegnare francese.
Per diversi anni, però, continuò a ricevere a cadenza quindicinale le lettere di Noè che non riusciva a dimenticarla.
In realtà, più che lettere, erano biglietti di poche frasi, ma in tutti era contenuta almeno una stella alpina, quei fiori che Antonella aveva trovato nel vocabolario.
Così, appena ebbe occasione di vedere la nonna, le disse che la mamma le aveva raccontato la storia delle stelle alpine.
Lei le sorrise con dolcezza.
"Nonna, ma non ci pensi mai a come sarebbe andata la tua vita se avessi sposato Noè?"
"Tesoro, francamente no. Non era l'uomo per me. E poi non ci saresti stata tu, come avrei fatto?"
Nonna e nipote si abbracciarono teneramente.
FINE