"La stampante", quinta puntata

Clarissa si sentiva ogni giorno più forte e preparata. Lo studio dei cinque anni di giurisprudenza e i successivi due anni di praticantato avevano rafforzato in lei la convinzione che il diritto fosse il suo mondo e vi si dedicava con costanza e abnegazione.
Da quando era arrivata Ludmilla in studio, le sembrava poi di avere un supporto. Certo, era un pensiero infantile. Non è che una stampante multifunzione, per quanto tedesca e perfetta, potesse avere veramente un’anima. Però… La lampada di Aladino conteneva il genio, eppure era solo un vecchio oggetto. Così, nella fantasia della giovane aspirante avvocato, un genio femmina si nascondeva tra i misteriosi ingranaggi di Ludmilla ed era molto potente, tra l’altro.
I preludi di primavera parevano sorridere, anche attraverso le pesanti imposte dello studio Nasi, luogo piuttosto austero e dall’arredamento antiquato.
“Quando sarò avvocato, pensava Clarissa, avrò uno studio moderno e colorato, con segretarie o segretari molto seri e competenti. Certo, non sarà facile, ma noi ci crediamo, vero, Ludmilla?”.
Marco, a differenza della volenterosa collega, era sempre più attonito e stravolto. Un giorno, erano i primi di marzo, Clarissa lo vide talmente agitato che lo invitò a mangiare qualcosa con lei in una trattoria vicina allo studio.
Lui accettò subito, parve felice dell’invito e poi Clarissa capì perché.
Era un fiume in piena. Decisamente logorroico, non fece altro che parlare di sé per tutta la durata del pranzo: di come si sentisse senza prospettive, perché il praticantato non lo soddisfaceva e probabilmente non avrebbe neppure dovuto fare giurisprudenza. Era stato suo padre a consigliarlo, o meglio obbligarlo.
E poi c’era Piera. A lui piaceva molto ed era convinto che anche lei non fosse indifferente (su questo si sbagliava, pensò Clarissa), ma c’era quel suo inutile fidanzato, ma perché non lo lasciava. E così via.
Alla fine del pranzo, Clarissa era distrutta dalle chiacchiere del collega e si ripromise di non ripetere l’esperienza.
Lui invece era entusiasta: “Ecco, tu sei una vera amica. Oggi ho trovato comprensione e dialogo come non mai. Grazie”.
Dialogo? Ma se aveva parlato solo lui! E tutte le volte che lei aveva provato ad aprire bocca, l’aveva interrotta immediatamente con i suoi problemi e la sua vita che al momento sembrava avere poco senso o almeno lui non lo trovava.
“Vabbè via, pensò Clarissa , ho fatto un’opera buona. Il fatto tragico è che lui non riesce ad evolversi e a muoversi dalle sue fissazioni.
E poi, tanto per cambiare, mi vede come una stampante, comprensiva e utile”.
Su questo ultimo pensiero, però, anziché amarezza, come ci si poteva aspettare, a Clarissa spuntò un sorriso: meglio così, che ognuno si crogiolasse nel proprio egocentrismo. Lei, intanto, avrebbe pensato a migliorare la propria vita con fermezza e decisione.

(continua)

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