"La stampante", terza puntata

Lavorare allo studio Nasi&Associati (che poi l’associato era solo uno) non era certo uno spasso. Oltre al fatto che i praticanti non venivano retribuiti (raramente un rimborso spese), non c’erano orari.
Clarissa usciva sempre dopo le sette di sera, in quel periodo anche più tardi. Cercava di apprendere quanto più poteva i segreti del mestiere di avvocato, studiare leggi e norme attentamente e, possibilmente, superare l’esame di abilitazione al primo giro.
I suoi tre colleghi avevano approcci diversi al problema.
Marco si tratteneva a lungo, ma era quasi sempre distratto, perso dietro a Piera o nelle chiacchiere delle segretarie.
Piera studiava molto, ma non voleva trattenersi in studio oltre le sei ore.
Linda, infine, pur essendo molto brillante, forse la migliore, era di umore piuttosto instabile e dunque andava a giornate.
Clarissa era la più giovane, ventisei anni non compiuti, e la più diligente. Perfino all’avvocato Nasi, qualche volta, scappava un elogio per la sua applicazione.
“Tu scrivi dei buoni ricorsi, Clarissa. Peccato che sei una femmina”. E con queste perle, riusciva a sminuire le sue stesse considerazioni.
Federico Nasi, trentacinquenne, era un buon avvocato, ma la presenza davvero immanente del padre e i suoi modi poco urbani gli creavano non pochi problemi, sia dentro che fuori lo studio.
“Federico! – tuonava il padre – Beato te che hai trovato la pappa scodellata! Mica è cosa da niente essere figlio dell’avvocato Nasi. Pensa a me che avevo un padre accalappiacani! Ci sono voluti decenni per scrollarmi di dosso questa faccenda. Continue battute, ironia cretina … Insomma, a te è andata meglio. Forse per questo sei così smidollato e, alla tua età, non riesci neppure a trovare moglie”.
Federico, a questo punto, diventava paonazzo e si sentiva punto nel vivo. Gli sarebbe piaciuto uscire con Linda, ma lei non lo considerava.
Clarissa aveva con lui un ottimo rapporto di collaborazione e fiducia.
Con lei il giovane avvocato era rilassato ed efficiente.
“Certo -pensava Clarissa – mi vede innocua e laboriosa, praticamente come una stampante con occhi e mani”.

(continua)

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