GLI EROI ITALIANI: Alessandro Tandura

Alcune settimane fa è stato festeggiato il centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale. Da molti è conosciuta come la Grande Guerra, in particolar modo per il modo con cui è stata combattura: una guerra di posizione che ha visto per lunghi periodi gli eserciti bloccati all'interno della loro trincea a spararsi a vicenda senza riuscire a conquistare un solo metro a discapito del nemico straniero.
Una guerra che per gli italiani è sinonimo di 17 milioni di morti, combattuta in particolar modo sul versante nord-est, sulle montagne, in ogni tipo di stagione: il freddo infatti per molti versi è stato riconosciuto durante gli anni del conflitto come il nemico maximo proprio per la crudeltà con la quale colpiva e per la sua modalità: senza distinguere la fazione e senza lasciare molto scampo.
La precarietà dei soldati ce la racconta nei suoi tanti componimenti lo scrittore Giuseppe Ungaretti, il quale in modo essenziale riesce a trasmettere tale idea nella sua famosissima poesia "Soldati" che è parte dell' "Allegria dei naufraghi" (già il titolo della collana è un persistente ossimoro che spinge alla riflessione):

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

La difficoltà dell'uomo nel riuscire a sopravvivere in quella condizione è facilmente intuibile dalle parole del poeta, sintetiche e calzanti allo stesso tempo. Un tentativo di andare contro natura dell'uomo stesso che non fa altro che condannarlo ad una fine ormai segnata.

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CC0 Creative Commons

La Grande Guerra, vinta dall'Italia (si fa per dire, visti i numeri descritti poco sopra), ha riportato a casa tantissimi eroi: i difensori dei confini italici, della libertà tricolore e della Patria Italia.
Alcuni di loro però non sono mai potuti tornare a casa e senza ombra di dubbio gran parte di loro sono da considerarsi Eroi con la "E" maiuscola, in quanto hanno perso la vita proprio per quei valori riportati sopra.

Fortunatamente non è stato il caso di Alessandro Tandura. Chi era quest'uomo?
La storia purtroppo ci obbliga a fare di tutta un'erba un fascio, ma sarebbe bello conoscere uno ad uno quegli uomini che scelsero di mettere la Patria di fronte alla loro stessa vita, in azioni eccezionali e sicuramente ammirabili.
Tandura fu uno di questi soldati: nato nel 1893, lo si può considerare a tutti gli effetti il primo paracadutista dell'Esercito Italiano. Con qualche dubbio potremmo dire che costui fu anche il primo soldato a "gettarsi" dietro le linee nemiche. Questo fu un escamotage per aggirare quella staticità che la Grande Guerra portava con sè e soprattutto per creare scompiglio nel territorio nemico.
L'azione nei primi anni del XX secolo fu una delle più valorose, in quanto affiancava due rischi enormi: gettarsi dall'aereoplano rappresentava un pericolo che solo in pochi avrebbero avuto il coraggio di affrontare ed in seguito ritrovarsi da solo sul terreno ostile, senza chiari punti di riferimento o alleati pronti a soccorrerlo. Alessandro Tandura nell'estate del 1918, a soli 25 anni, si ritrovò quindi per la prima volta a lanciarsi da un aereo con l'obiettivo di depistare i rifornimenti alle truppe austriache impegnate sul fronte.

I suoi servigi per l'esercito del Regno d'Italia gli furono utili nell'atto di conquistare gradi all'interno delle formazioni militare: il suo coraggio, la sua tenacia, la sua forza d'animo e la capacità di poter stringere i denti anche di fronte ai problemi fisici lo aiutarono proprio nel raccogliere medaglie e meriti.
Sicuramente il lancio con il paracadute significò molto. Il gesto però non fu unico solo per il fatto in sè, ma anche per il contesto. Alessandro Tandura infatti si gettò da un aereoplano guidato dal formidabile pilota canadese Barker e dal capitano inglese Benn in una notte di tempesta: si immagini cosa significhi per un uomo lanciarsi per la prima volta nel buio in territorio nemico. Mi sbilancio nel dire che onestamente se Tandura fu il primo a lanciarsi in quelle condizioni un motivo ci sarà e forse una simile azione sarà figlia anche di un po' di incoscienza.

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Le cronache del tempo ci raccontano anche di come Tandura fosse un uomo fortemente carismatico, capace di convincere cittadini rivoltosi italiani (l'azione del paracadutista si svolse in Veneto infatti, territorio che dopo Caporetto cadde in mano agli Austriaci) e di aizzarli contro le truppe nemiche. Ovviamente l'esercito austriaco dovette fare i conti con varie problematiche e rallentamenti a causa della presenza del paracadutista italiano, il quale dopo un periodo di latitanza in alcune grotte della campagna, fu catturato. Fu capace di fuggire, salvo essere catturato nuovamente in seguito ed ancora una volta ritrovò la libertà grazie alla sua astuzia.

Una volta che la guerra finì con l'Armistizio di Compiègne dell'11 Novembre 1918, Tandura fu premiato con la medaglia d'oro, sulla quale furono incise le seguenti parole:

“Animato dal più ardente amor di Patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza ed indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli col proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio di informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l’avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel momento in cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l’avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa, intera dedizione di tutto se stesso alla Patria”.

L'Italia è felice di ricordare simili eroi ed io oggi mi sono sentito fiero di essere ITALIANO!

Bibliografia
La dedica incisa sula medaglia di Tandura

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