Central Park, NYC
Erano ormai alcune ore che passeggiavo: conoscevo a memoria quei viali: fin da bambino con mio nonna venivo qui a giocare, a girare con la bicicletta ed a dare da mangiare agli scoiattoli che furtivamente, mi ricordo, si avvicinavano per prendere il pezzetto di biscotto e poi fuggivano veloci come il vento. Il vento, quello stesso vento autunnale che ora soffiava sul mio volto e che alle mie orecchie faceva giungere il rumore delle foglie che come piccoli coriandoli finivano a terra.
Amavo i colori di quella stagione. In me suscitavano emozioni legate ancora una volta al passato: quando con mia moglie portavamo Emily, nostra figlia appena nata, sempre su questi viali alberati.
C'erano molti giovani ragazzi che con i loro figli si aggiravano vicino ai ruscelli a giocare con le papere, forse tentando di avvicinarle con un pezzo di pane. Cambiavano i tempi, ma i modi di divertirsi in quel luogo erano sempre gli stessi.
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Mi fermai ad un chiosco per prendere qualcosa da bere. Non avevo molta sete, ma forse fare ciò mi avrebbe distratto da tutto quello che mi stesse circondando. Io, quasi come un essere invisibile, mi aggiravo in lungo ed in largo per quel parco. Sembravo uno spettro!
Con il mio giubbotto da lavoro cercavo di ripararmi dal freddo.
Presi una bibita zuccherata, ma non riuscì a dissetarmi a sufficienza. La mia mano tremava sempre più e controllavo l'ora sul mio cellulare continuamente. Aglio occhi altrui potevo sembrare qualcuno che stesse attendendo qualcuno per un appuntamento e questo qualcuno fosse ormai in forte ritardo.
L'incontro effettivamente era ciò che stessi aspettando, ma non vi era nessun ritardo. Anzi, forse ero io che mi ero recato sul luogo dell'incontro con troppo anticipo.
Giovedì 5 Aprile 2018: esattamente 2 anni dopo un altro giorno che per me aveva cambiato completamente la mia vita, oggi, sarebbe stato un altro giorno che avrebbe rivoluzionato la mia esistenza. Non conoscevo esattamente cosa mi aspettasse domani o tra 1 ora. Ero consapevole che ciò che mi avrebbe aspettato fra poco mi avrebbe sollevato.
In lontanaza vidi colui che stavo aspettando procedere nella mia direzione piuttosto spedito: come goni giorno infatti correva a Central Park e come ogni giorno alle 16.30 passava di fronte al chiosco delle bibite di fronte al ponte Robinson. Come ogni giorno si fermò alla cannellina dell'acqua potabile.
Bevve alcuni sorsi.
Nel mentre mi avvicinai.
Mi voltava le spalle.
Controllai una fototessera ormai sgualcita che ritraeva quel personaggio per avere la conferma che si trattasse effettivamente di lui. ERA LUI!
Dissi il suo nome:
"Robert McDertmod"
Lui si voltò.
Tirai fuori dalla mia tasca la pistola e gli sparai alcuni colpi in pieno petto.
L'uomo cadde a terra e ben presto una pozza di sangue lo avvolse.
Intorno a me vidi gente fuggire correndo, ma giungeva alle mie orecchie solo il suono del vento che soffiava alle mie spalle e sembrava quasi mi stesse sollevando.
Ed in effetti mi sentivo sollevato.
Lasciai cadere ciò che avevo in mano.
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Chi era ROBERT MCDERTMOD?
Colui che due anni fa, in un incidente stradale aveva travolto mia mogli e mia figlia a poche centinaia di metri da dove mi trovavo io in quel momento. Aveva preso la sua macchina dopo il solito jogging pomeridiano e per una semplice distrazione aveva stroncato la vita di una donna e di sua figlia. Aveva annientato implicitamente anche la mia.
La giustizia non era riuscita ad incolparlo ed anzi, i suoi avvocati erano riusciti ad inventarsi la storia che Emily si fosse buttata in strada sfuggendo dalle mani di mia moglie e McDertmod, non fosse riuscito a fermarsi.
Mi sentivo sollevato, ma soprattutto adesso come non mai, mi sentivo dissetato.
Riconoscevo di non essere stato un uomo onesto, ma così avevo placato la mia SETE DI VENDETTA!
Con questo contributo partecipo al contest settimanale indetto da @spi-storychain, in cui il tema era "La sete" e l'ambientazione "Una grande metropoli".