Immagine di proprietà del fotografo professioniata Paolo Lazzeroni - Concessa all'autore e presente anche sulla sa pagina Facebook
Sono nato e cresciuto con il cigolio del parquet, con una palla che rimbalza ed il tipico rumore di scarpe con la suola in gomma su questa superficie: la pallacanestro ha da sempre caratterizzato la mia vita ed è stato lo sport che mi ha appassionato, e continua a farlo anche oggi, fin dall'età di sei anni.
Ho dovuto interrompere la mia carriera di giocatore una volta concluse le giovanili, poiché non vedevo il mio contributo in campo sufficiente da dare soddisfazioni a me ed alla mia squadra. Ad oggi mi sarei definito un giocatore mediocre.
All'età di 20 anni decisi quindi di chiudere il mio rapporto con il basket da giocatore, ma non certo con il basket in generale. Quelli erano gli anni in cui Siena, la Montepaschi Mens Sana Siena, la squadra della mia città, dominava incontrastata il campionato italiano e riusciva a dire la sua anche in Europa. Qualsiasi cosa se ne dica questa società è stata l'ultima a portare in alto il nome dell'Italia a tutti i livelli, con sistemi di gioco che ormai da 10 anni non si vedono più in Serie A. Purtroppo!!!
Mi trovai di fronte ad un bivio: diventare ALLENATORE O ARBITRO???
Le mie conoscenze tecniche, al contrario delle mie capacità pratiche, erano molto sviluppate e capivo molto bene il gioco. La strada del coach mi incuriosiva moltissimo e la richiesta in città difigure simili non era da poco: basti pensare che l'allenatore della sopra citata Mens Sana in Serie A in quegli anni era proprio di Siena.
Di contro però il percorso per diventare allenatore sarebbe stato molto lungo e non mi avrebbe permesso di avere un impatto immediato sul campo da protagonista. Inoltre alcuni miei amici avevano da poco iniziato l'attività di arbitro e mi coinvolsero in questa idea. Mi piacque fin da subito, anche perché con questa attività riuscii a guadagnarmi i miei primi soldi, con i quali riuscii a pagarmi la prima retta universitaria; riuscii a guadagnare facendo ciò che mi piaceva.
Dimenticai ben presto l'idea di diventare allenatore, preferendo di gran lunga quella dell'arbitro, che mi vedeva sempre attivo in campo.
Non nascondo che vedere lo sport dal punto di vista di un arbitro non sia facile. Non sempre si riesce a fare ciò che si vuole, soprattutto nella pallacanestro dove i tempi per valutare determinati eventi sono spesso frazioni di secondo.
La mia carriera da aribtro è proseguita ed in 10 anni sono riuscito ad arrivare alla serie B maschile / serie A2 femminile. Un mondo dominato da allenatori professionisti, società storiche, giocatori di talento e giovani atleti emergenti. Una competizione a livello nazionale che mi ha cresciuto l'anno scorso, nel mio anno da esordiente, moltissimo: girare l'Italia ed in ogni luogo mantenere la massima professionalità. Indipendentemente dagli eventi , indipendentemente dai protagonisti, indipendentemente dalla distanza da casa. Sacrificio è stata la parola d'ordine: quando rimani fuori casa per due giorni, facendo oltre 1000 Km, capisci cosa significhi questa parola. Ma se sono arrivato fino a qui è anche perché l'ho voluto fare.
La foto di copertina è uno scatto che Paolo Lazzeroni ha fatto durante una palla a due al PalaEstra, una volta PalaSclavo, casa di tanti scudetti targati Mens Sana. Un luogo magico che però, dopo il (semi) fallimento della società, ha visto la serie B, fino a tornare oggi in seire A2.
Mi ricordo ancora che quella partita era un'amichevole di inizio anno: circa 2-3 anni fa Mens Sana Siena - Asvel Villeurbanne. Un bello scatto, frutto di un posizionamento della fotocamera sull'intelaiatura del tetto.
La palla a due è un gesto, che a differenza di altri sport in cui sono i giocatori a dare il via alla gara, è l'arbitro che da l'inizio alle danze. Un gesto che agli occhi di molti sembra semplice, ma che dietro ha moltissima preparazione. Per capirsi: la palla deve essere lanciata dritta verso l'alto, non deve ruotare ed il lancio deve essere sufficientemente alto perché raggiunga il suo apice al massimale di dove i due saltatori possano arrivare. La palla a due è il gesto che in modo imparziale permette l'inizio della partita. Da quel momento in poi SI GIOCA!
Buono sport a tutti!