Portland ‘Jail’ Blazers

Inizio millennio, Paul Allen Mr Microsoft e owner dei Portland Trail Blazers è sicuro: la sua franchigia è da titolo. La squadra è piena di talento e Scottie Pippen e Steve Smith sono i tasselli mancati per infilarsi al dito almeno un anello e far partire una dinastia. A Portland in effetti partirà un’era, ma non quella sperata da Allen, ma quella dei Portland Jail Blazers. Si, ‘Jail’ Blazers gioco di parole sfruttando l’assonanza Trail – Jail (prigione) per intendere i carcerati di Portland. Ad oggi questo soprannome è uno dei più azzeccati nella storia dello sport in quanto quei Portland ebbero davvero problemi con la giustizia e finirono diverse volte dietro le sbarre. Procediamo con ordine cominciando il nostro racconto nel 2001. Dopo la sanguinosa eliminazione di gara 7 contro i Lakers del primo titolo (2000) Portland era pronta alla riscossa, questo era l’anno buono per il titolo: avevano fatto esperienza. Il loro slogan per il 2001: "One Team, One Dream". Qualcosa va storto, sembra che Portland non si sia mai ripresa da quella infausta notte quando si fecero rimontare 15 punti negli ultimi minuti di gioco. I Blazers iniziano la stagione al di sotto delle loro possibilità e chiudono la regular season settimi. Primo turno dei Playoff contro gli arci-rivali dei Lakers che li spazzano via 3-0. Portland chiude la stagione perdendo 17 delle ultime 25 partite giocate. Tutte le colpe, come spesso accade, ricaddero sull’head coach Mike Dunleavy allenatore bianco di un’altra generazione che non riusciva a comunicare con le giovani star della squadra (Wallace, Wells, Rider, Stoudamire). La scelta per sostituire coach Dunleavy ricadde per un cosiddetto ‘player coach’ ovvero finalmente un allenatore alla stessa pagina dei giocatori, che parla la stessa loro lingua, la persona giusta al momento giusto: spazio all’afroamericano Maurice Cheeks. Maurice allenò Portland per 3 anni e nel suo triennio ebbe tra le sue fila giocatori tra i più talentuosi di tutta l’NBA, ma anche i più disfunzionali. Calcarono il mitico Rose Garden: Bonzi Wells, Rasheed Wallace, Damon Stoudamire, Zach Randolph, Ruben Patterson, Scottie Pippen, Chris Dudley, Arvydas Sabonis, Darius Miles e Qyntel Woods. In quel periodo passarono per l’Oregon anche un sovrappeso Shawn Kemp, Omar Cook and Ruben Boumtje-Boumtje. Non cambia nulla: squadra nervosa, discontinua, umorale, non intellegibile (come la descriveva il maestro Buffa al tempo). I successi non arrivarono mai.
Quei Blazers però passarono alla storia per altri motivi, purtroppo fuori dal campo. Rasheed cominciò a non firmare autografi e a prendere tecnici ad ogni partita, gli allenamenti finivano spesso in rissa e alcuni giocatori fecero la conoscenza delle patrie galere dell’Oregon. Non tutti i giocatori a roster erano devianti: ragazzi come Dudley, Sabonis e Pippen, per esempio, furono sempre ottimi professionisti e ineccepibili cittadini, ma anche loro furono travolti dalla pessima nomea che aleggiava su tutta la squadra. Vediamo come i Portland Jail Blazers si sono guadagnati e meritati questo soprannome. La fedina penale del roster recitava così:
• Patterson: arrestato per abuso sessuale ai danni di sua moglie.
• Randolph: arrestato per DUI (Driving While Under the Influence: giuda in stato di ebbrezza) fu anche sospeso per rissa con Patterson durante un allenamento.
• Stoudamire: più volte fermato per uso/abuso marijuana, si ricorda un episodio in cui pretendeva di sorpassare i metal detector in aeroporto con 40 grammi di erba avvolta in un foglio di alluminio
• Woods: più volte multato per abuso di marijuana, fu arrestato per abuso di animali (addestrava cani per renderli pronti alla lotta)
• Kemp: oramai sul viale del tramonto ebbe una breve apparizione e a metà stagione, ma dovette lasciare I Blazers per entrare in un centro di riabilitazione per abuso di cocaina e alcohol
• Wells: grande talento e un vero piranha in post basso, ma non un genio fuori dal campo. Si ricordano dichiarazioni simpatia come “ai tifosi non importa nulla di noi. E quindi anche a noi di loro”. Lo ricordiamo rifiutare un massimo salariale per andare a Houston con Yao/Tracy con la speranza di strappare un contratto ancora più vantaggioso l’anno dopo. Operazione miseramente fallita.
• Wallace: record di falli tecnici in ogni stagione, fu anche accusato di aver minacciato di morte un arbitro dopo una partita (Tim Donaghy)
Dopo questi 3 anni fu evidente che il progetto di Portland era andato alla deriva; era tempo di rifondare. I Blazers scaricano Bonzi Wells e cedettero Wallace agli Hawks (una sola partita prima di andare a vincere il titolo a Detroit). Portland cominciò così l’epurazione del suo roster: era partita la redenzione.
Dopo queste cessioni però in squadra erano rimasti ancora Stoudamire, Miles, Randolph, Patterson and Nick Van Exel. Con questo roster Portland vinse solo 27 partite e i problemi fuori dal campo non migliorarono, anzi…
Arrivò finalmente l’estate del 2005 quando Paul Allen volle fare piazza pulita pretendendo solo giocatori che fossero professionisti e cittadini con elevata integrità morale. Negli anni arrivarono Brandon Roy, LaMarcus Aldridge e lo sfortunato Greg Oden. Portland non ha ancora vinto un titolo, ma ora tutto l’Oregon è nuovamente orgoglioso dei suoi Blazers dalla fedina penale immacolate e tornati all’originario Trail invece del più canzonatorio ‘Jail’.

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