Maria voleva tornare al paese da tempo immemore. L'aveva lasciato ancora piccina, quando i suoi ricci erano ben definiti e il suo volto non recava i segni del dolore.
Ricordava la madre con le sue grosse braccia tiepide, stringerla lungo le vie, infagottate entrambe in abiti pesanti per combattere il freddo.
Maria pensava spesso al paese, non vi aveva più messo piede da quando se ne era andata ma lo aveva custodito nel suo cuore come un tesoro.
Quando era triste e afflitta immaginava di prendere le sue cose e tornare nei luoghi della sua infanzia, abbandonare quella cairica citta che le dava tanta pena e recarsi con i suoi miseri averi dove da piccola aveva trovato la pace.
Il paese era per lei una persona e non un luogo, le vie erano arti che si snodavano fluidi, il piccolo bar era la testa piena di voci come quella di un matto, i negozietti spogli erano i polmoni che respiravano piano come in una disciplina orientale e poi c'era la piazza che era il cuore vivo e pulsante del paese.
Le mancava come un figlio lontano, nonostante del paese la figlia fosse lei.
Immaginava i volti dei vecchi che da bambina le pizzicavano le guance , adesso come foto stampate su lapidi scure del vecchio cimitero, le si straziava il cuore a pensare a tutta quella dolcezza sepolta.
Maria viveva spesso nel paese nella sua immaginazione, immersa nella nostalgia degli odori e dei di un tempo.
Il pane appena sfornato che lei sbocconcellava avida o il profumo dei panni stesi dalla vicina Ada.
Maria sognava e fantasticava, non accendeva mai la televisione e non leggeva i giornali, alla catena di montaggio dove lavorava non ne aveva il tempo e poi non le interessava molto sapere tutte le cose brutte che accadevano nel mondo.
Preferiva sognare del paese.
Ma Maria non sapeva che il paese adesso era solo un un mucchio di macerie e che da lì a qualche anno non ne sarebbe rimasto nulla, solo una eco, nei ricordi di chi come lei lo aveva amato.
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