Correva l'anno 2008 quando al cinema arrivò il primo cinecomic targato Marvel. L'arduo compito di presentare al mondo il primo progetto della Marvel Studios cadde sulle metalliche e forti spalle di Iron Man, uno degli eroi più amati dai fan dei fumetti, interpretato in quell'occasione e nei 10 anni a venire da un attore a caccia di un rilancio nel panorama hollywoodiano, un Robert Downey Jr. che si sarebbe poi dimostrato perfetto per la parte di Tony Stark.
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Sono passati esattamente 10 anni e con terzo capitolo dedicato agli Avengers la fase 3 del mega-progetto riguardante l'universo cinematografico Marvel si avvia alla conclusione, che avverrà con la seconda parte di Infinity War l'anno che verrà. Dopo 18 film che hanno introdotto e approfondito alcuni personaggi e fatto confluire molti di essi in pellicole corali come Avengers e Avengers: Age of Ultron siamo arrivati all'appuntamento più atteso: Avengers: Infinity War.
L'universo espanso: questione di dettagli e coerenza
Il film diretto dai fratelli Russo porta con se il macigno della responsabilità.Se è vero, parafrasando Spider Man, che da grandi poteri derivano grandi responsabilità allora Kevin Feige e i fratelli Russo devono avere avvertito una pressione che pochi altri autori e produttori devono aver sentito prima nella storia del cinema: far confluire un numero impressionante di storie e di personaggi all'interno di un unico universo, di un'unica grande storia, di un unico immenso obiettivo.
Scorrendo l'album dei ricordi di questi 10 anni di film Marvel e guardando questo Infinity War vien da chiedersi se i veri supereroi non siano proprio tutti coloro che hanno reso possibile tutto ciò, i vari registi e sceneggiatori che si sono avvicendati nelle pellicole dedicate a Thor o ai Guardiani della Galassia, a Captain America o a Dr Strange, passando per Ant Man e Black Panther. A tessere le fila di tutto ciò c'è sempre stato Kevin Feige, supportato da tutto il carrozzone Marvel e da un reparto marketing e tecnico di livello assoluto, ma se dopo 10 anni siamo qui a celebrare la Marvel (e non la DC comics ad esempio) bisogna riconoscere che tutto parte e si sviluppa proprio da quest'uomo a cui va dato atto di aver creato un universo espanso che affonda la sua forza nei dettagli e si fortifica all'uscita di ogni nuovo film, ampliando e al tempo stesso mantenendo l'universo stesso all'interno dei binari della narrazione desiderata.
Quello che emerge dalla visione della prima parte di Infinity War (Il secondo capitolo uscirà il 5 maggio 2019) è proprio la forza narrativa, la coesione fra le varie storyline e i vari personaggi, nonostante essi partano da mondi diversi, a volte pianeti diversi, e abbiano background e percorsi unici e specifici. Vederli tutti insieme non stona, non sembra mai forzato, non esiste una scena in cui lo spettatore abbia la sensazione di già visto o senta la puzza di qualcosa messo li giusto per creare il famoso effetto Wow.
C'è dell'altro. Chi ha visto i 18 film antecedenti avrà goduto nel vedere piccole tracce lasciate qua e là portarci dritti a quanto raccontato in Infinity War, segno di un lavoro certosino fatto in questi 10 anni su ogni singolo film, e state sicuri che senza qualcuno a tenere le redini prima o poi la carrozza sarebbe andata fuori pista. Far confluire una quindicina di personaggi principali, la cui presenza sarebbe ingombrante per chiunque e in qualunque film, all'interno della stessa pellicola riuscendo a gestire perfettamente il peso che ognuno dovrà avere nel quadro generale della storia è qualcosa di incredibile almeno quanto lo è Hulk.
Il villain definitivo
Il capolavoro nel capolavoro risiede senza ombra di dubbio nella caratterizzazione del villain scelto per portare in scena una guerra infinita che vedesse tutti i nostri eroi combattere contro un nemico comune per salvare l'umanità da un genocidio universale. La scelta è caduta su Thanos, il cui nome evoca la personificazione della morte stessa e il cui aspetto incute timore ma non è sul nome o sull'aspetto che si costruisce un vero antagonista, uno di quelli da scolpire nella memoria. Chi era al timone del film lo sapeva benissimo e ha costruito un personaggio che resterà negli annali non solo del genere ma della cinematografia tutta. Non mi meraviglierei di vedere il personaggio di Thanos annoverato tra i villain meglio caratterizzati degli ultimi 30 anni di cinema.
Thanos non è un cattivo e basta, non fa valere i muscoli e basta, non si forgia sulla sua potenza e basta, non nutre particolari sentimenti di vendetta e basta. Thanos affonda le sue radici nella volontà di essere abbastanza forte da salvare, a suo modo, l'universo. Come ogni villain che si rispetti le sue convinzioni e le sue energie sfociano in atti di violenza, soprusi e la strada maestra che egli sceglie è moralmente deprecabile e folle. Ma il condottiero dei Titani si dimostra essere molto umano, molto radicato nelle sue convinzioni ma capace di provare pietà, amore e abbastanza umano da combattere per qualcosa in cui crede fortemente, in cui riversa ogni sua energia nella speranza di salvare il mondo. Difficilmente parteggeremmo per un personaggio cosi spietato, cosi piegato alla sua stessa volontà di sterminare la metà della popolazione dell'intero universo, eppure per larghi tratti del film non riusciamo a detestare Thanos, grazie anche alla strepitosa interpretazione di Josh Brolin che dietro una maschera fatta di CGI, effetti visivi e manipolazioni digitali riesce a conferire al Titano una gamma di emozioni molto varia e stratificata.
Siamo tutti con gli avengers durante il film, tifiamo ovviamente per loro, ridiamo con loro e speriamo con loro, ma temiamo Thanos perchè egli non è macchietta, non è un cattivo pazzo e scriteriato guidato da sete di sangue e vendetta ma è un antieroe potentissimo e determinatissimo che poggia su basi solide le proprie disumane azioni. Per questo ci fa più paura, per questo incute un malsano rispetto in noi e in tutti gli Avengers, per questo fino in fondo temiamo che stavolta nessuno possa fermarlo.
L'uso del flashback per mostrarci l'alba del rapporto fra il "mostro" e Gamora è stato abile ed essenziale e ha conferito a tutta la vicenda una drammaticità molto marcata e molto ben gestita. Grazie a quei pochi secondi, minuti in cui i fratelli Russo ci mostrano la natura del loro legame riusciamo a provare dolore vero per entrambi nel momento tragico che li vede coinvolti, vittima e carnefice sono degni di pari comprensione. Quel gesto di Thanos accresce la nostra paura in lui non perchè sia disumano ma proprio perchè il dolore del Titano è il più umano possibile e necessario per compiere il proprio destino.
155 Minuti di puro dramma e sinceri sorrisi
Chi lo ha detto che un dramma non può far sorridere? E chi ha detto che un film leggero non possa essere lacerante e tragico in ultima analisi? Non sono forse i grandissimi film quelli capaci di far sorridere e disperarsi allo stesso tempo?
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Infinity War non è un film d'autore, non vuole e non può esserlo ma è un grande film, un film che è già da oggi paradigma per tutto ciò che verrà nel genere comic e non negli anni che seguiranno. Storceranno il naso i puristi della settima arte ma in questo film ci sono pochissime cose che non vanno e una miriade di cose ben fatte, oltre che come detto in precedenza una capacità di unire i cocci sparsi negli altri 18 film che ha del disarmante. Basta prendere ad esempio l'imbarazzante modo di gestire il proprio franchise da parte della DC comics con un'insieme raffazzonato di eroi in maschera pronti a salvare il mondo senza avere alle loro spalle solidi personaggi, solide storie. La Marvel ha fatto un lavoro egregio su questo, impossibile negarlo.
Ma se c'è un tratto distindivo dei cinecomics della grande M è sicuramente quello di aver saputo infondere a tutti, o quasi, i loro personaggi una patina di simpatia e ironia che è sempre riuscita a fungere da comic relief a tutte le pellicole e questa non fa certo eccezione, anzi.
La scena che presenta i Guardiani della Galassia agli Avengers è molto rappresentativa di tutto ciò. Pur essendo in una situazione disperata e all'alba di una potenziale distruzione dell'universo conosciuto assistiamo a dei dialoghi divertenti fra Thor e Peter Quill con il coniglio procione a fare da sparring partner. Scambi di battute esilaranti che fanno da sfondo ad eventi ben più drammatici. Stessa cosa possiamo dire per quanto avviene nelle dinamiche tra Stark e Dr.Strange o nelle vicende legate ad Hulk. Con i Guardiani della Galassia si spinge fortemente sull'acceleratore della componente umoristica e non potrebbe essere altrimenti, vista l'impronta guascona e ironica che impregnava i 2 capitoli legati ai guardiani. Ed anche su questo aspetto riscontriamo una grande vittoria della Marvel che ha saputo non snaturare i singoli personaggi riuscendo al tempo stesso a metterli al servizio della storia ma ad adattare il tenore del racconto alle peculiarità dei singoli componenti di questo enorme e variegato baraccone.
Al tempo stesso il film trasuda epicità e drammaticità. L'aria è densa di tensione, di sincera paura per il destino dei nostri eroi, di preoccupazione per come si evolveranno le cose. E' il clima ad assere intriso di attesa, spasmodica attesa che ti consuma e ti porta al bellissimo finale, dove per 15-20 minuti veniamo trasportati a Wakanda, a New York, a Titano. Siamo Ovunque, siamo con i nostri eroi, siamo con Steve Rogers e la sua barba copiata da quella di Thor a sperare in un lieto fine. E' dramma vero, non è solo azione sfrenata a caccia di un epilogo ma un film drammatico, molto leggero e scorrevole che si serve di effetti visivi e azione continua per dettare il ritmo e non viceversa, e anche qui la sfida è vinta. Costruire un film avvincente, spettacolare, colorato, divertente senza perdere la bussola, senza scadere nella macchietta, senza mai sfociare nel ridicolo, senza essere banale o scontato, senza suggerire mai quello che accadrà ma mostrandoci sempre quello che potrebbe accadere come qualcosa di possibile, tra le infinite possibile situazioni. Lo spettatore come Dr.Strange esplora mille universi possibili a caccia di quello che possa garantire un lieto fine e come Dr.Strange anche noi restiamo esterrefatti di fronte all'invincibilità di quel gigante di Thanos.
L'inizio e la fine
Un film di questo tipo poteva iniziare e finire in milioni di modi. All'uscita dalla sala cinematografica ci sembra di aver visto l'unico film possibile, con il finale perfetto e l'inizio perfetto. Il cold open iniziale ci traghetta immediatamente in mezzo all'azione, in una nave divelta con degli dei pronti a scontrarsi e con la caccia di Thanos aperta e gia nel vivo dell'azione. Una scelta non casuale. Avrebbero potuto mostrarci un antefatto o un flashback, portarci nelle vite serene dei nostri eroi prima della tempesta o mostrarci un Thanos intento ad architettare il suo diabolico piano, sorprenderci con qualche effetto speciale particolarmente fragoroso o collegarsi all'ultimo eroe apparso sullo schermo ovvero Black Phanter, e invece scelgono di immergerci completamente in qualcosa di gia avvenuto, nel vivo di uno scontro gia avvenuto per mostrarci la fine di quello scontro, l'epilogo tragico e le sue conseguenze. La scelta è chirurgica perchè dopo 18 film conosciamo bene tutti i protagonisti, siamo stati ben preparati all'arrivo di Thanos e siamo in piena sintonia con gli eroi che abbiamo conosciuto nell'ultima decade, non abbiamo bisogno dunque che ci sia presentato alcunchè, che ci venga fatta un'introduzione su quello che andremo a vedere. Siamo pronti allo scontro finale, siamo immersi nel film prima ancora di sederci in platea e quindi siamo preparati a piombare su una nave devastata da Thanos e i suoi figli e pronti a soffrire con Thor, pronti a pagare col sangue.
E se l'inizio è stato deflagrante la fine non è stata da meno e ha saputo chiudere il cerchio, raccogliere quanto seminato in questi 10 anni ed emotivamente giocato con lo spettatore, devastandone l'animo più e più volte. Il coraggio dimostrato dagli autori non è trascurabile, giungere ad un finale cosi inevitabile facendoci sperare che qualche colpo di genio avrebbe salvato la situazione è stato apprezzabile e molto più complesso di quel che si possa pensare. Ogni personaggio ha avuto un ruolo fondamentale, nonostante singolarmente ognuno si sia dovuto accontentare di un minutaggio, giocoforza, risicato.
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Senza Capitan America non avremmo avuto il collegamento con Wakanda e Black Panther. Senza Loki ed Heimdall non avremmo avuto Hulk sulla terra e senza lui non avremmo avuto l'incontro fra Dr.Strange e Tony Stark e senza quest'ultimo e quanto seminato in Spider Man:Homecoming non avremmo avuto Peter Parker, senza Vedova Nera e Cap non avremmo avuto Visione e Scarlet Witch nella mischia, senza i Guardiani della Galassia Thor si sarebbe infranto contro il suo destino e cosi via. Una serie di incastri e rimandi che ci hanno portato ai 15 minuti finali, minuti convulsi, spalmati su piani e location parallele che sono tutte confluite in unico grande momento, quello schiocco di dita che ha gelato lo spettatore e ha fermato il battito del cuore di ogni fan.
Tutto quello che è stato costruito in questi anni ha generato Avengers: Infinity War che come una pianta secolare deve la sua prosperità, il suo verde luminoso ai semi piantati anni prima e alle radici robuste cresciute nel tempo.
10 anni fa abbiamo gioito per l'avvento dei cinecomic sulla scena cinematografica. In molti avevano previsto che dopo qualche anno di picchi e successi al botteghino tutto si sarebbe sgonfiato. Dopo una decade possiamo affermare che non solo la crisi annunciata non è arrivata ma che con Avengers: Infinity War abbiamo raggiunto un nuovo picco al botteghino e a livello qualitativo. La pellicola dei fratelli Russo è senza dubbio la più completa e appassionante messa in mostra dalla Marvel e c'è da scommettere che da oggi in poi costituirà il termine di paragone, il nuovo paradigma per i film a venire, almeno quelli di genere, almeno quelli fantasy e di azione.
Dopo 19 film e con altri in via di sviluppo è tempo di bilanci e il piatto pesa di più, molto di più verso la direzione presa dalla Marvel, consapevole dei propri mezzi e capace di creare dal nulla un qualcosa di gigantesco e senza precedenti. Non vi saranno mai premi ai cinefestival di tutto il mondo a certificarlo o critiche entusiaste dei puristi della settima arte ed è giustissimo che sia cosi per dei prodotti di puro intrattenimento che ambiscono ad altro, ambiscono ad arrivare in alto senza per forza voler insegnare qualcosa o dimostrare qualcosa se non che l'uomo può arrivare lontano, molto lontano, verso le gemme dell'infinito...e oltre.