Lavorare per vivere o vivere per lavorare?

work-2005640_1280.jpg

CC0 Creative commons - Pixabay


Un saluto a tutti,

oggi vorrei allontanarmi, anche se solo momentaneamente, dai miei articoli dedicati al mondo delle criptovalute e della blockchain per dedicarmi a una riflessione che è sorta quasi spontaneamente dopo due avvenimenti accaduti uno a pochi giorni di distanza dall'altro ma che non hanno nessuna correlazione diretta tra di loro se non il fatto di riguardare il mondo del lavoro.

Il titolo dell'articolo dice tutto, quindi è abbastanza chiaro l'argomento di cui vorrei parlare oggi. E' un tema che non smette mai di essere di moda, dibattuto in tutte le tribune politiche, nei bar e che in tutte le famiglie ricopre un ruolo di rilievo.
Perchè diciamocelo apertamente, il quello del lavoro è un argomento che ci accompagna dalla tarda adolescenza fino alla nostra vecchiaia, con il miraggio della sospirata pensione che si allontana sempre di più.

Vi chiedo quindi, è giusto lavorare per vivere oppure siamo segnati da un'esistenza in cui dobbiamo vivere per lavorare?

Separator.jpg

tie-690084_1280.jpg

CC0 Creative commons - Pixabay


Nell'introduzione di questo articolo vi parlavo di due avvenimenti che si sono susseguiti a distanza di pochi giorni che mi hanno molto fatto riflettere sulla domanda del titolo.
Prima però di spiegarvi cosa è successo, credo sia doveroso fare un passo indietro e rendervi partecipi di un paio di cose, in modo da farvi capire il perchè della riflessione che gli avvenimenti mi hanno spinto a fare.

Fino a 9 anni fa avevo un impiego ottimamente retribuito e che mi conferiva un certo lustro; stipendio annuale a metà strada tra le 5 e le 6 cifre, auto aziendale di un certo prestigio e una fitta rete di relazioni interpersonali che riempiva le mie giornate.
Giravo l'Italia per i tre quarti di un mese, alberghi pagati, cene pagate.. insomma, una vita che vista dall'esterno sembrava essere perfetta.

Il rovescio della medaglia è che le relazioni interpersonali duravano il tempo di un viaggio e che quando tornavo a casa ero sempre da solo. Se questo non bastasse, passato il primo periodo di grande entusiasmo per la posizione ricoperta, lo stress aveva cominciato a fare capolino nella mia vita ed era diventato una costante che oltre a logorare la mente aveva cominciato a farlo anche nel fisico.

Di tutto il bello che quel lavoro poteva offrirmi non restava più nulla davanti al prezzo da pagare, neanche dei grandi risparmi che nonostante il grosso stipendio non riuscivo ad accumulare.
Infatti vivere in un certo modo aveva un costo e una volta abituatisi a certi "lussi" era difficile accontentarsi, quindi a stipendio più corposo corrispondeva un tenore di vita che quello stipendio copriva adeguatamente ma senza la possibilità di mettere dei risparmi da parte.

Alla fine, dopo l'ennesimo stato di malessere, l'incontro fortuito con un medico perugino, mi fece capire che sostenere quel ritmo mi avrebbe portato ad avere conseguenze molto negative sulla mia salute e così di punto in bianco mi licenziai e decisi di cambiare completamente vita, partendo per gli States per un anno e lasciando tutto.

Avevo deciso di smettere di vivere per il lavoro e di pensare un pò a vivere per me stesso.

Questa scelta non è mai stata accettata dalla mia famiglia, perchè si sa che nella cultura risalente a una o due generazioni prima di questa, il lavoro era sacro e lo si doveva tenere a discapito di tutto.

Ecco, qui si ricollega uno dei due avvenimenti di cui vi parlavo: due giorni fa ho ricevuto la chiamata della mia ex azienda (multinazionale di una certa fama) per valutare se ero interessato a riprendere il mio vecchio lavoro con uno stipendio addirittura maggiorato e una certa serie di benefit.
Una serie di riflessioni mi avevano assalito, perchè quanto offertomi rasentava quasi il doppio di quanto guadagno adesso.. ma quale sarebbe il prezzo da pagare per questo ritorno alle origini?

Adesso ho una moglie e una splendida bimba di tre anni dalle quali non riuscirei mai a separarmi, gestisco i miei tempi perchè lavoro in proprio e non posso lamentarmi del mio tenore di vita. Tornare indietro significherebbe ricominciare a vivere per il lavoro perdendomi tutto quello che ho costruito in questi anni, ma soprattutto tornare a sostenere dei ritmi che non valgono lo stipendio pagato.

So che molti staranno pensando che non si sputa su occasioni come questa, ma io da quell'occasione sono scappato a gambe levate e non intendo tornare ad essere schiavo del lavoro.
Inutile dire che ho immediatamente detto di no, appoggiato da mia moglie che sa quanto sono andato vicino a cadere nel baratro con quel lavoro e che amandomi vuole solo vedermi felice e in salute anche con qualche soldino in meno.


Il secondo avvenimento precede questo di cui vi ho parlato di qualche giorno.

Sin dall'infanzia ho vissuto una vita in parallelo con un amico fraterno che abitava nel condominio con giardino dove sono nato e cresciuto fino ai 22 anni.
Io prendevo il massimo dei voti, lui prendeva il massimo dei voti. Io mi diplomavo con 60/60 idem lui. Io mi laureavo in economia e commercio con 110/110 e lode e lui lo faceva con il plauso accademico.

Entrambi abbiamo intrapreso carriere lavorative prestigiose, con stipendi similari e stesso tenore di vita. Ci siamo visti e frequentati sporadicamente dopo l'inizio dei rispettivi lavori perchè sempre in giro per l'Italia, ma ogni volta che ci vedevamo era come non essersi mai lasciati.
Questo fino a quando lasciai il mio lavoro.. lì ci fu un forte allontanamento, con le sue aspre critiche nei miei confronti perchè lasciavo una carriera importante per degli stupidi motivi (a suo modo di dire).

Era votato alla carriera, per lui non esisteva altro che il suo lavoro. Io mi costruivo una famiglia e lui una carriera. Era adirittura entrato nell'orbita della politica e passava da una relazione all'altra, senza importanza perchè non dovevano intralciare la sua ascesa.

Non ci siamo sentiti per 9 lunghi anni e qualche giorno fa ho saputo che un infarto se l'è portato via a 41 anni.

Devo essere sincero, appresa la notizia ci sono rimasto male e mi è dispiaciuto nonostante l'allontanamento e il modo in cui ci eravamo lasciati, ma ho subito pensato che quello avrei potuto essere io.

La strada che avevo intrapreso era proprio quella, lo stress mi stava consumando e probabilmente avrei potuto finire in quel modo.

Separator.jpg

building-1080592_1280.jpg

CC0 Creative commons - Pixabay


Dopo questi due avvenimenti appare ovvio quale sia il mio punto di vista.. la vita è una e merita di essere vissuta.

Per come la vedo io, non ci si può votare solo alla carriera o pensare solo a lavorare, anche se non a livelli alti, perchè sarebbe una vita "sprecata" per il lavoro quando quest'ultimo dovrebbe essere uno strumento per vivere e non viceversa.

Senza incorrere in finti moralistmi, so che ci sono persone costrette a lavorare intere giornate per portare lo stipendio a casa, ma credo anche che a un certo punto bisogna prendere le redini della propria vita e fare delle scelte.

Io ho fatto un salto nel buio lasciando tutto e creando da zero il mio nuovo lavoro; non nego che all'inizio non è stato facile, ma con la mente libera e tanta motivazione sono riuscito a costruire una vita che posso vivere senza rinunciare ad avere i miei spazi e a coltivare i miei interessi.

Ma soprattutto senza dover sacrificare la famiglia.

Voi cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza?

Un saluto, Carlo


H2
H3
H4
3 columns
2 columns
1 column
16 Comments