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Black Panther
Altro successo per la Marvel
Black Power in calzamaglia
In molti l'hanno battezzata come una decisione atta a favorire in generale film sui supereroi e blockbuster, in particolare una regola atta a rendere onore e regalare una statuetta ad uno degli ultimi film della Marvel: Black Panther.
Il film in questione è in queste settimane oggetto di una campagna di marketing enorme che vede i produttori provare a convincere l'Academy a candidare il film nella categoria miglior film addirittura. Sarebbe la prima volta per un film della Marvel.
Ma è davvero un film degno di tale considerazione questo Black Panther?
Non solo azione
Che siate puristi della settima arte o meno è innegabile che l'operazione MCU sia stata clamorosamente riuscita e basta guardare al disastro della Warner Bros con l'universo DC comics ed i vari Suicide Squad, Justice League e Batman VS Superman per rendersi conto della grandezza e della vastità dell'operazione messa in piedi dalla Marvel quando il mondo cinecomics non era che una voce di corridoio.
In preparazione a quello che era l'evento più atteso dai fan, Avengers Infinity War, la Marvel aveva deciso di puntare sull'introduzione di un nuovo supereroe che gia avevamo visto apparire nel bellissimo Civil War: Black Panther.
C'era grande attesa intorno al primo lungometraggio con protagonista un supereroe di colore, ricordando che in tv questo passo era già stato compiuto dalla Marvel stessa mandando in onda su Netflix Luke Cage.
Le 2 ore passate in compagnia di T'challa in Wakanda sono bastate per ribadire che quando la Marvel produce qualcosa non bada a spese e non fallisce mai.
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Il riscatto degli afroamericani
La prima cosa che salta all'occhio guardando il film è che l'ottimo regista (di colore) Ryan Cogler abbia voluto puntare su un cast quasi totalmente costituito da attori afroamericani con la sola eccezione di uno dei villain e dell'agente interpretato da Martin Freeman. Un capovolgimento dei ruoli impensabile fino a qualche anno fa.
Immaginare che una grande casa di produzione potesse investire centinaia di milioni per un film con protagonisti eroi di colore avrebbe creato imbarazzo o grasse risate nelle sale dei bottoni hollywoodiane.
Con il passare dei minuti ci si rende conto che con Black Panther si sia voluto puntare tantissimo su CGI ed effetti visivi paurosi, con la creazione di un intero nuovo mondo, il Wakanda appunto, ma che a questa componente grafica si sia voluta affiancare una narrazione che permettesse di raccontare universalmente le vessazioni subite dal popolo afroamericano nel tempo e quelle che subiscono ancora oggi.
Ne emerge un racconto credibile che ben riesce a mixare azione, dramma e introspezione.
Interessante soprattutto la contrapposizione fra i 2 eredi al trono che mutuati da una genuina voglia di fare la differenza finiscono per scontrarsi pesantemente su 2 visioni opposte che li vede uno per una conservazione dell'oasi felice dell'ipertecnologica e prosperosa civiltà wakandiana e l'altro per una guerra senza quartiere a chi per secoli ha imposto con la forza e la violenza al popolo afroamericano regole, miserie e discriminazione.
Un nucleo narrativo che da vigore alla trama e arrichisce quello che in fondo non è altro che un grande film di intrattenimento.
Se la vediamo da questo punto di vista allora Black Panther ha sicuramente diritto di cittadinanza in zona Oscar.
Fatto questo endorsement bisogna però constatare che candidare un film del genere alla statuetta di miglior film sarebbe un passo troppo lungo che aprirebbe la strada a tutti i blockbuster di successo che ambiscono ad essere qualcosa in più danneggiando tutto il cinema indipendente e d'autore che nella stagione dei primi è sempre stato leader incontrastato.
Il giusto compromesso sarebbe dunque la vittoria nella nuova categoria, con buona pace dei puristi e di quelli che ancora vorrebbero un cinema romantico, viscerale e capace di sorprendere con immagini e parole più che con abili lavori di computer grafica.
Perso tra le montagne di Twin Peaks mi ritrovai ad Albuquerque dove un furgone mi trasportò a Westeros e a Westworld successivamente dove ritrovai una cabina telefonica inglese con un Dottore pronto a giocare a Basket o a Calcio con me e a parlare di sociale, politica, futuro, persi come fossimo sull'isola di Lost.
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