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Dogman
Il Canaro della Magliana secondo Garrone
Il cinema italiano alla massima potenza
Chi lo ha detto che il cinema italiano è morto?
Lo è forse l'industria cinematografica italiana, lo è forse il sistema "cinema" italia ma il talento, il talento quello no quello non lo puoi uccidere con nessuna arma per quanto essa possa essere potente o bieca.
Matteo Garrone è manifesto di quello che l'Italia cinematografica è stata nell'ultima decade e che oggi può proporsi al mondo permettendosi di entrare a testa alta in qualsiasi festival mondiale ed avere sempre e comunque velleità di vittoria fino addirittura ad ambire e sognare la statuetta più ambita per miglior film straniero ai prossimi Oscar.
Tutto nasce dal film su Gomorra passando per lo stupendo Reality e affondando a piene mani nel fantasy Holliwoodiano con il controverso Il racconto dei racconti fino a giungere all'ultima fatica, quel Dogman che dopo aver ben figurato a Cannes e convinto tutti si propone come potenziale Outsider ai prossimi Oscar.
Un film italiano eccezionale, diretto superbamente e recitato ancor meglio con un tocco autoriale unico e delle scelte coraggiose per portare in scena in modo impeccabile ed originale una delle vicende più cruente della cronaca nera italiana recente.
Il villain che non ti aspetti
Dogman è l'esempio di quello che una semplice storia di cronaca può diventare nelle mani di un autore di livello assoluto.
Poteva essere scritto e girato in mille modi diversi questo film eppure alla fine della visione e comparando la storia raccontata con quella letta sulle pagine dei giornali appare semplicemente inevitabile averla scritta e diretta in un modo cosi raffinato ed elegante.
Si era avuta la stessa impressione anche a proposito di un altro recente successo cinematografico italiano, quel Sulla Mia Pelle di Cremonini che ha provato a portarci dentro le vicende umane e giudiziarie del caso Stefano Cucchi.
2 esempi virtuosi di cinema basato su fatti realmente accaduti.
Dogman parte dalle vicende del Canaro della Magliana, un uomo apparentemente onesto e pacato che si era fatto volere bene dalla piccola comunità della quale faceva parte nel ruolo di toelettatore per cani, la sua vera passione, il suo vero amore oltre ad essere anche un devoto e affezionatissimo padre di famiglia.
Una cattiva frequentazione accompagnata da un quoziente intellettivo non di primo piano ha portato il Canaro ad essere protagonista di un efferato crimine che ha riempito le pagine di cronaca nera per mesi.
Questo era il materiale di partenza.
Da qui Garrone ha costruito un film gomorriano nella fotografia e breakingbadiano nello sviluppo trasformando a poco a poco un uomo comune, un piccolo e innocuo uomo comune in uno spietato assassino anche se solo per una notte e lo ha fatto riuscendo a farci creare empatia sincera con questo criminale. Non è un'operazione simpatia badate bene, quella lasciamola alle fiction di canale 5. Questo è cinema d'autore alla massima potenza perchè dal micro ci racconta il macro ovvero di come siano spesso singole vicende, singole frequentazioni, singoli accadimenti a generare eventi più grandi, scelte sbagliate e attimi di follia.
Il canaro viene sviscerato a fondo, ci viene mostrato nel suo quotidiano, ci viene fatto conoscere come brava persona ma di facile impressionabilità che finisce nei guai non per essere cattivo dentro ma per essere al contrario persona buona che non riesce a tradire nessuno neppure nei momenti in cui potrebbe farlo. Da li un'escalation di follia e perdizione dettata dal fatto di aver perso tutto quello che aveva costruito a causa di un singolo errore di giudizio.
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Ode a Marcello Fonte
Se Dogman risulta cosi riuscito il merito oltre che di Garrone e dei suoi collaboratori tecnici va attribuito senza dubbio a Marcello Fonte interprete del Canaro della Magliana.
La sua corporatura esile e miniaturizzata ci danno visivamente la percezione di un uomo schiacciato dal destino, il suo volto ingenuo e spaesato ci porta nella mente di una bella persona troppo poco sveglia, troppo poco preparata alle incertezze della vita e agli incontri che potrebbero essere a lui riservati. Aldilà di quella che potrebbe essere la fisicità e la fisionomia dell'attore che presta il volto ed il corpo al Canaro è la gamma espressiva di Fonte a lasciare estasiati e stupiti.
Lo vediamo amare i suoi fedelissimi cani, scherzare con loro, coccolarli con addosso una maschera di felicità quasi infantile, fanciullesca.
Il terrore sul suo volto è tangibile quando viene minacciato o pestato violentemente.
La vergogna per quello che ha fatto suo malgrado è tenera e lancinante.
La sete di vendetta per una vita perduta lo trasforma in un killer improvvisato e spiritato.
La benevolenza e la speranza che riesce a far trasudare nei teneri momenti con la figlia ci restituiscono un padre amabile e amorevole.
Un continuo mescolarsi di emozioni e sensazioni che Fonte restituisce con la bravura dei grandi attori. Vincere la Palma d'oro a Cannes è dunque un qualcosa di poco sorprendente ma di meritato se pensiamo a questo.
Dogman colpisce nel segno riuscendo a divincolarsi dal classicismo di certi biopic o adattamenti della cronaca nera e proiettando il cinema italiano in quello spazio tutto nuovo che mette l'uomo al centro di tutto e la comprensione di esso sopra ogni cosa, a prescindere dalle azioni che egli possa compiere, a prescindere dalle violenze e le crudeltà che esso possa perpretare.
Non siamo quel che facciamo ma facciamo quello che la vita ci costringe a diventare.
Perso tra le montagne di Twin Peaks mi ritrovai ad Albuquerque dove un furgone mi trasportò a Westeros e a Westworld successivamente dove ritrovai una cabina telefonica inglese con un Dottore pronto a giocare a Basket o a Calcio con me e a parlare di sociale, politica, futuro, persi come fossimo sull'isola di Lost.