E alla fine è arrivata anche quest'anno, inesorabile, la notte degli Oscar.
Era la più incerta da molti anni a questa parte e come previsto non vi è stato un vincitore assoluto. Tante conferme ma anche almeno 2 grandi sorprese si sono viste sul palco losangelino, un palco che per la prima volta non ha visto alcun presentatore ma una serie di attori, attrici, produttori avvicendarsi sullo stage per consegnare via via tutti i premi.
Potremmo definirla come una serata dove il black power si è affermato con artisti di colore ad impugnare molte statuette e film che di discriminazione e diritti umani parlavano vincere le statuette più ambite.
Una serata storica dunque che ha lasciato il segno soprattutto nel discorso di Spike Lee che per la prima volta concorreva in tutte le categorie più importanti e che ha portato a casa il premio per la migliore sceneggiatura non originale con il suo Blackkksman. Nel suo discorso ha fatto riferimento al passato buio del popolo afroamericano ma ha soprattutto incitato il popolo a cambiare rotta nel 2020, quando si terranno nuove elezioni presidenziali, invitando tutti a scegliere l'amore anzichè l'odio.
Emozionanti gli interventi di Alfonso Cuaron che ha mancato di un soffio la statuetta per miglior film con il suo Roma ma che ha comunque trionfato come miglior regista, miglior fotografia e miglior film straniero. Nel suo intervento un bellissimo cambio di prospettiva che ci ha riportati tutti sulla stessa dimensione. Se "Roma" è un film straniero per Hollywood, "Lo Squalo", "Il padrino" e tanti altri capolavori hollywoodiani sono stati per lui, messicano, dei grandissimi film "stranieri" da rispettare, da ammirare e da cui imparare. Una sottile e perspicace metafora che sottolinea come il punto di vista può cambiare sempre a seconda dell'osservatore. Siamo tutti stranieri per qualcuno e qualcuno sarà sempre straniero per noi, ecco perchè dovremmo essere tutti uguali.
E Javier Bardem, in spagnolo, nel premiarlo ha forse emesso la sentenza più importante:
Nessun muro può abbattere il talento
Frase potentissima se citata prima di consegnare l'oscar ad un artista messicano. Messicani che dopo Innarritu e Del Toro piazzano altre importanti vittorie.
E' stata poi la notte di Black Panther che non ha vinto statuette prestigiose ma ha portato a casa alcuni premi tecnici di rilievo riuscendo a sancire un patto tacito ma esiziale fra l'industria e i cinecomic.
Immagine priva di diritti di copyright
Il black power si è affermato soprattutto nel reparto attoriale con 2 attori afroamericani ad alzare il premio per miglior attore e migliore attrice non protagonista.
2 attori che vengono dalla tv e che oramai sono, a ragion veduta, divenuti 2 artisti di grido ad Hollywood.
Regina King ha sbaragliato la concorrenza con il suo ruolo in "Se le strade potessero parlare" mentre Mahersala Ali bissa il successo di 2 anni fa grazie alla magnifica interpretazione del Dottor Shirley in "Green Book".
Entrambi hanno ringraziato soprattutto le loro famiglie, fonte di ispirazione e di lotta per l'autodeterminazione per entrambi.
Meno "black" ma comunque incentrati sulla diversità i premi che sono andati ai migliori attori.
Rami Malek completa l'anno fantastico vissuto grazie all'impersonificazione di Freddy Mercury in "Bohemian Rhapsody" e stravince il titolo di miglior attore ricordando come a sollevare quella statuetta sia lui, appartenente alla prima generazione nata in America della sua famiglia di migranti, nelle vesti di un cantante che ha fatto la storia in anni difficili rimarcando ed affermando la propria diversità sia come omosessuale che come figlio di migranti.
Olivia Colman batte Glenn Close, inaspettatamente, e vince la statuetta come miglior attrice. Non sarà simbolo della diversità come gli attori citati in precedenza ma parliamo comunque di un'attrice non americana che fino a qualche decennio fa, come lei ha ricordato, faceva la donna delle pulizie per potersi permettere la propria passione. Un'altra grande storia di autodeterminazione e lotta per la propria vita.
"A star is born" vince i primi "canori" ed emoziona il duetto tra Lady Gaga e Bradley Cooper grazie al quale portano a casa il premio come miglior canzone.
C'è un pò di Marvel anche nel premio come miglior film animato che nell'anno del bellissimo sequel degli "Incredibili" va invece al film dedicato alla nascita di un nuovo universo per l'amatissimo Spiderman, con un'artista italiana nel comparto creativo.
Ma è stato Green Book il vero vincitore morale della serata. Vince come miglior sceneggiatura originale, e qui non ci sono grandi sorprese, ma soprattutto batte "Roma" nella corsa alla statuetta più ambita, quella di miglior film dell'anno.
Una sorpresa gradita per un film che ha portato in scena una grande storia di amicizia ed integrazione ma soprattutto di coraggio, di accettazione del diverso e di un contesto drammatico per tutti gli afroamericani vissuti in un'epoca non lontana dalla nostra.
Non sarà ricordato come un anno di capolavori questo ma sarà sicuramente un anno da ricordare.