True Detective: ritorno alle origini

E' tornata "True Detective" e sempre sia lodata.

Su Vulture qualche giorno fa è comparso un articolo molto lungo e ben fatto che indicava nella prima stagione di True Detective il detonatore che ha fatto scoppiare definitivamente la tv contemporanea ed in senso positivo ovviamente. Stando all'articolo la creazione di una serie qualitativamente eccellente, scritta benissimo e che vedeva come protagonista quello che fu l'attore dell'anno, premiato anche con l'oscar aprì la strada per l'interesse di tante star mondiali verso il medium televisivo. Non solo attori ma anche registi, sceneggiatori e produttori iniziarono a virare verso la tv.

Se oggi abbiamo Julia Roberts e Nicole Kidman, Amy Adams ed Anthony Hopkins, I fratelli Coen e Jim Carrey, Damien Chazelle e Michael Douglas a fare a sportellate in tv il merito sarebbe di quella straordinaria prima stagione e della performance di Matthew McCounaghey.

La seconda stagione, pur essendo di alto livello, deluse molti, schiacciata dalle aspettative e da beghe di produzione e di creazione che videro nello scontro con Fukunaga il proprio apice.

Adesso True Detective è tornata e ha portato con se quello che oggi sembra essere quello che McCounaghey fu nella prima annata ovvero l'attore del momento: Mahersala Alì.

L'attore afroamericano ha già un oscar alle spalle per "Moonlight" e sembra essere il favorito quest'anno per il suo ruolo in "Green Book". Vederlo protagonista di una serie non fa  altro che confermare il glorioso trend di cui sopra.

True Detective ritrova se stessa e torna alle ambientazioni, i ritmi e le tonalità che resero celebre Rust Cohle. Se il l'obiettivo è centrato in pieno sin dalle prime scene è perchè Mahersala Alì è semplicemente perfetto.

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E' un segugio dormiente e coscienzioso che vive personalmente il dramma di una sparizione e riesce a dominare 3 livelli temporali che dipanano 3 storyline convergenti grazie a semplici cambi di tono vocale e di mimica facciale.

Un gigante.

Intorno a lui una storia classica ma ben ricostruita. Una doppia sparizione in zone particolarmente bucoliche dell'America di 30 anni fa. Misteri che si aggrovigliano e soluzioni all'enigma semiimpossibili. Il segugio flirta col mistero e prova a venirne a capo ma in un America ancora troppo razzista il suo istinto fatica ad emergere. Quando anche quella porta riuscirà ad aprirsi dovrà fare i conti con i soliti tentennamenti della politica di fronte a potenziali perdite di consenso elettorale.

La trama è tutta qui, nulla di sofisticato ma che nella sua semplicità emerge con magnificenza grazie al ritmo, al tono, ai colori, ai dialoghi, ai personaggi con una scrittura sopraffina che esalta ogni cosa, senza sosta.

Come una corsa al ritrovamento di un corpo, una corsa contro il tempo, lo spettatore corre dietro indizi e parole mai casuali e si fa carico di una ricerca mai vana seppur difficile e spietata.

True Detective è tornata, in una fredda sera di gennaio a scaldare i cuori di chi ha amato Rust Cohle e continua ad amare le serie scritte bene e recitate da Dio.

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