Chaiten: nella bocca del vulcano

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E' bastata la serata in compagnia per rompere la timidezza e creare fin da subito un'intesa immediata tra noi sul modo di percepire il vivere e il viaggiare. Storie, anedotti e vivide emozioni: con Tamara e Natalia diventiamo al volo complici consapevoli, anche solo per qualche giorno, di una nuova, condivisa avventura.
Il paese di Chaiten si trova nella provincia di Palena, a nord della Patagonia cilena e prende il nome dall'omonimo vulcano che si trova a una decina di chilometri dal paese. Sappiamo che si può salire al vulcano e anche se noi abbiamo ancora qualche dubbio, l'entusiasmo di Natalia e Tamara ci travolge. Così è deciso e si va! Pur sapendo l'orario del bus che porta alla base del sentiero, quasi lo perdiamo perchè sbagliamo il posto della fermata, ma sbracciandoci e correndo il conducente ci vede, si ferma e ci aspetta! Ancora memori della fatica di Cerro Castillo iniziamo la scalata.




Le spagnolitas ci danno la polvere, sgambettano come cerbiatti (beata gioventù), ma noi siamo tranquilli, sono fisioterapiste... mal che vada se ci rompiamo qualcosa ci aggiustano loro!
All'inizio il sentiero è verdeggiante, ricco di piante e fiori colorati, soprattutto gialli che fanno allegria. Il percorso è ben delineato, a tratti adattato con scalini di legno per aiutare la scalata, anche se gli scalini sono così alti che probabilmente sono stati costruiti da un alto norvegese dalle gambe lunghe.





Poi il paesaggio cambia.






E davanti agli occhi scorrono le immagini dell'eruzione del vulcano del 2 maggio 2008: la scena che appare è una distesa di tronchi bruciati e cenere. Quel giorno il vulcano si svegliò dopo circa 10.000 anni di sonno, esplodendo in un fiume di lava che costrinse all'evacuazione i 4000 abitanti che vivevano alle pendici del monte. Ci raccontano che le eruzioni continuarono per circa un mese e che quasi un anno dopo, la cupola di lava che si era formata nella caldera del vulcano si aprì e crollò nel lato sud, aprendo una voragine di circa un chilometro ed creando una colonna di cenere vulcanica alta oltre otto chilometri che coprì tutta la zona circostante.






É impressionante il pensiero di quello che può essere stato il disastro. Dopo l'evacuazione il governo avrebbe voluto impedire nuovamente l'insediamento umano a Chaiten, invece molti cittadini tornarono e un poco alla volta ricostruirono case, servizi e collegamenti.






In due ore superiamo un dislivello di circa 700 metri e fieri del nostro miglioramento fisico arriviamo in cima (Tamara e Natalia invece, che ci hanno messo la metà del tempo, ci avevano ormai dati per dispersi!): quel che resta del cratere è di colore rossiccio per il calore e ancora si vedono le fumarole che escono dalla terra a ritmo più o meno intenso e ci chiediamo cosa stia ancora bollendo lì sotto.







Tamara medita di fronte alla forza della natura e raccoglie l'energia positiva che questo posto trasmette. L'elemento del fuoco stimola un intenso desiderio di liberazione dai vincoli e dai legami, e l’anima tende alla sua libertà interiore. L'aria è soffusa, grigia, sembra uno stato di irrealtà dove tutto è possibile. Natalia si apre al cielo in un gesto di preghiera o forse di ringraziamento

Poi torniamo umani e ci divertiamo in pose sceniche, mai all'altezza della natura meravigliosa.





Scendiamo di corsa cercando di stare al passo delle nostre energiche amiche e arriviamo alla strada senza sentire più le ginocchia e senza avere idea di quando passerà il bus. Fa caldo, ci siamo abbronzati a strisce e siamo quasi senza acqua, ma niente paura: l'intraprendenza di Natalia ci assicura un passaggio in autostop in poco tempo, grazie ai suoi modi di fare simpatici e convincenti. O forse ha detto alla signora che doveva riportare a casa questi due vecchierelli che non si reggevano più in piedi?





Le foto sono dell'autore.

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