A SPASSO CON DANTE: Spiriti Magni - Ep.4

I due scrittori, Dante e Virgilio, proseguono il loro viaggio negli inferi: il Dante-viandante si riprende dopo essere rimasto stordito una volta che Caronte ha traghettato davanti ai suoi occhi le anime dei dannati. Il poeta latino consola il Sommo Poeta affermando che ciò che gli è appena accaduto non è nient'altro che un eccesso di pietas e non di timore.

Il percorso prosegue e la coppia incontra un gruppo di figure: si parano contro luce di fronte a Dante quattro ombre solenni, che riconosce subito come orrevol gente (gente onorabile). Lo scrittore non intuisce subito chi esse siano, ma non vede nei loro occhi né tristezzagioia. Il Sommo Poeta rimane inizialmente dubbioso sulla loro identità e così Virgilio, come suo solito e come il suo ruolo gli compete, spiega al giovane poeta fiorentino chi siano:

Lo buon maestro cominciò a dire
"Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:

quelli è Omero poeta sovrano;
l’altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano.

Dante ha quindi di fronte quattro grandissimi poeti del passato: Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Sono tra scrittori di epoca romana o greca (quindi di tradizione classica) che condividono con lo stesso Virgilio gran parte della tradizione. Quest'ultimo però è molto attento nel precisare nella sua parte conclusiva della presentazione che questi quattro sono particolarmente famosi e rispettabili anche perché celebrano lo stesso Virglio come uno dei massimi poeti dell'antichità. In questa parte quindi entra in gioco il Dante-scrittore, che ha l'obbligo di presentare queste quattro figure e di celebrarne la grandezza, ma allo stesso tempo percepisce anche l'obbligo di mantenere la loro fama al di sotto della figura che ha scelto come guida, che con questi versi riesce anche ad esaltare ulteriormente.

L'incontro tra i sei poeti avviene ovviamente prima tra le ombre, ma poi l'attenzione dei quattro si sposta su Dante. Virgilio si compiace che gli altri quattro poeti accolgano con benevolenza il giovane scrittore fiorentino (ancora il Dante-scrittore che in questo momento esalta la propria figura): l'apoteosi del riconoscimento avviene con pienezza di onore, Dante viene accolto nella sacra corporazione: in questo modo egli si trova sesto fra i poeti di tanta fama e sapienza.

e più d’onore ancora assai mi fenno,
ch’e’ sì mi fecer de la loro schiera,
sì ch’io fui sesto tra cotanto senno.

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Nicola Consoni - Dante al Limbo
CC0 Creative Commons

Il gruppetto di poeti si avvia passeggiando nella cerchia e dialogando tra loro: fino a quando questi non raggiungono un castello. L'edificio immenso ed all'apparenza nobile, accoglie Dante e le ombre che le accompagnano fino alla corte interna dove su un verde prato ci sono persone dallo sguardo pacato e severo, dal portamento assai autorevole e dalla dolce voce. Qui i personaggi che Dante riconosce nella fierezza di essere circondato da cotanta Storia, sono moltissimi: Elettra, la matrona di tutta la discendenza e dinastia reale di Troia è circondata da suoi figlio Ettore, ma qui appare anche Enea (figlio "letterario" della sua guida Virgilio). Poi altre figure classiche, ma tra tutte, su un colle un gruppo di filosofi, al cui centro vi è Aristotele ed ai suoi lati Socrate e Platone.
Il Dante-scrittore in questi versi si esalta nel raccontare i volti e le peculiarità dei personaggi che ha modo di osservare su quel prato smeraldo. La descrizione ed il tipo di lessico che in questi versi conclusivi del IV canto si presenta sale di toni, proprio come il carattere e la fama delle figure osservate.
D'altronde lo stesso Aristotele, maestro di color che sanno, universalmente ritenuto dalla metà del 1200 fino al Rinascimento, non solo il più grande dei filosofi, ma Il Filosofo, viene presentato come una "quasi divinità".

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Aristotele
CC0 Creative Commons

Ed allora cosa ha voluto dire Dante-poeta con questa allegoria del castello? Gli Spiriti Magni che popolano il castello sono coloro che si rendono degli di grande onore, perché consapevolmente onorano in sè la dignità dell'uomo. Sono ad ogni modo l'opposto esatto dei pusillanimi, che abbiamo abbandonato al vestibolo correre dietro un'insegna senza didascalia.

Il groviglio di allegorie e similitudini che il Dante-scrittore genera nella narrazione di questo castello e dei personaggi che ne fanno parte sono contorti e cervellotici. La contestualizzazione nel basso Medioevo, in cui la tradizione latina e volgare si mischiano in un labirinto inestricabile, sarebbero sicuramente fonte di supporto e di comprensione.
Ci limitiamo a prendere atto di un luogo, di cui Dante ci ha voluto rendere partecipi, in primis per esaltare lui stesso come somma figura capace di poter poggiare gli occhi su simili personaggi ed in parte essere loro compagno, ma anche per celebrare la grazia e la fama di chi lo ha preceduto e caratterizzando la "Divina Commedia" ad un livello di tematica di medio-alto livello per un pubblico medio-alto.

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